Dossier e minacce contro debunkers brasiliani (e non solo)

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Un manuale di 299 pagine in formato PDF creato ad arte contro un gruppo di persone, i fact-checkers brasiliani di “Agência Lupa” che fa parte dei partner di Facebook per la verifica dei fatti (in Italia l’unico partner al momento è Pagella Politica). Un dossier circolato tramite Whatsapp e giunto agli stessi membri del team, tutti presenti e tutti presi di mira. A raccontare questa brutta storia è l’articolo di Daniel Funke pubblicato il 10 settembre 2018 su Poynter.

Uno degli screenshot pubblicati su Poynter

Niente di amatoriale, ma studiato e graficamente ben fatto. Gli autori hanno setacciato la Rete e i social per raccogliere più informazioni possibili sui membri del team per cercare di far passare il messaggio che sono di estrema sinistra e censori del web.

Non è una novità, certa gente prende solo ed esclusivamente alcuni dei contenuti e dei temi trattati escludendone altri per evitare che ci siano fraintendimenti. Selezionare, con precisione a dir poco chirurgica, i contenuti ritenuti di “sinistra” escludendo quelli di “destra” ha fatto si che venissero etichettati da uno schieramento come dei veri e propri nemici da colpire. Al tutto viene aggiunta l’accusa dei “censori“, per la loro collaborazione con Facebook per la verifica dei contenuti in vista delle elezioni brasiliane (segnalando le immagini e le notizie false o scorrette limitandone la loro diffusione).

La diffusione del dossier e gli attacchi non si erano limitati a Whatsapp, dove vennero diffuse vignette contro il gruppo e gli altri partner brasiliani di Facebook (come “Aos Fatos“) dal contenuto misogino e ritraendo i loro gestori come animali domestici di Soros. Anche un giornale politicamente schierato li aveva presi di mira accusandoli di censura.

Un clima pesante e mirato che ha portato in seguito alle minacce di morte. Cristina Tardáguila, a capo di “Agência Lupa“, racconta di aver ricevuto molti messaggi privati con scritto “Non vedrai il prossimo presidente del Brasile“, “Vi prenderemo uno per uno“, “Attenzione“. Attacchi e minacce che hanno reso difficile il lavoro di molti operanti nel mondo del fact checking, in particolare in quei paesi dove il giornalismo è costantemente minacciato, la stessa Cristina pensava di smettere dopo diversi attacchi digitali subiti tramite i social. Racconta di ben 46 mila tweet in due giorni e del poco sostegno da parte di Facebook che aveva pubblicato un post nella Newsroom ufficiale ricevendo appena 129 “mi piace” (insomma, una difesa pubblica poco pubblicizzata).

Come spesso capita, anche “dall’altra parte” non hanno gradito l’operato dei debunkers. A inizio giugno sia “Agência Lupa” che “Aos Fatos” vennero presi di mira dagli estremisti di sinistra per aver smentito la storia del rosario benedetto inviato da Papa Francesco a Lula in carcere, smentita inizialmente pubblicata dallo stesso Vaticano e poi ritrattata proprio da quest’ultimo scatenando il problema.

Bisogna considerare un elemento molto particolare. Attaccati da estremisti di destra o di sinistra, il metodo era molto simile e che conosco molto bene: colpire la singola persona anche attraverso l’ausilio anche dei cosiddetti “troll“. Un attacco psicologico, spietato e senza scrupoli, avvenuto ai colleghi brasiliani e a tanti altri ancora (filippini e turchi, ad esempio) costringendoli a “blindare” i loro account social per evitare incursioni e “censurandosi da soli“.

Non ci sono soltanto gli attacchi da parte di diffamatori e troll. Cristina Tardáguila di “Agência Lupa” racconta l’episodio in cui avevano ricevuto una lettera da parte di uno studio legale per “invitarli” a smettere di controllare i contenuti dei loro assistiti, politicamente legati alla sinistra brasiliana. Lo studio legale in questione aveva difeso anche Lula. Il supporto di Facebook c’è stato, ma la poca tempestività ha creato non pochi disagi al team brasiliano. Il social network, attraverso i suoi portavoce, ha dichiarato di voler supportare con ulteriori risorse i suoi collaboratori di fronte a tali minacce, bisognerà comunque attendere per vedere qualche risultato, ma in loro difesa non dovrebbero intervenire soltanto loro.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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