Open Arms, le accuse di fake news del Viminale e le “prove”

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Ormai dovreste aver sentito parlare di Josephine (più corretto Josefa), la donna soccorsa al largo delle coste libiche dalla nave Open Arms il 17 luglio 2018. Quest’ultima, in seguito al salvataggio, aveva accusato la Guardia Costiera libica di averla abbandonata, ma allo stesso tempo accusava l’Italia perché questi sarebbero “arruolati” dal nostro Governo. Il Viminale aveva etichettato le accuse di Open Arms come “fake news” sostenendo di poter avere le prove fornite da “testimoni terzi“, ma gli unici presenti non confermano affatto e forniscono ulteriori informazioni per comprendere la vicenda.

 

Il racconto

A raccontare l’accaduto è stata Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale che era a bordo della nave durante il salvataggio, in un articolo dal titolo “Omissione di soccorso o naufragio? Sopravvive solo una donna” pubblicato alle 13:02 del 17 luglio:

È una donna, si chiama Josephine, è originaria del Camerun. È stata trovata a pancia in giù attaccata a una tavola, quello che resta del fondo del gommone su cui viaggiava insieme ad altre decine di persone. Ha aspettato per due giorni che arrivassero i soccorsi, con i vestiti bagnati attaccati alla pelle, poi alle 7.30 di mattina del 17 luglio, dal ponte della nave Open Arms, a 80 miglia dalla Libia, qualcuno ha visto i resti del gommone.

[…]

La temperatura del corpo stava scendendo così tanto che se i soccorsi avessero tardato ancora non ce l’avrebbe fatta. Come non ce l’ha fatta un bambino di circa cinque anni che è morto per ipotermia a fianco di una donna, presumibilmente sua madre. Anche lei è stata trovata morta ricurva su una tavola, la pelle delle braccia bruciata dal gasolio fuoriuscito dalle taniche del gommone su cui viaggiavano. Per loro non c’è stato niente da fare.

Questo per quanto riguarda il salvataggio, ma dobbiamo fare un passo indietro per capire come si è giunti a questa tragedia:

Riccardo Gatti, portavoce dell’organizzazione Proactiva Open Arms, ricorda che il 16 luglio, mentre era al timone del veliero Astral, navigando nel canale di Sicilia, per tutto il giorno ha ascoltato alla radio una conversazione tra un mercantile e la guardia costiera libica, parlavano di due gommoni in difficoltà a circa 80/84 miglia dalle coste libiche.

[…]

Poi in serata la guardia costiera libica ha detto al mercantile di ripartire perché sarebbero intervenute le motovedette libiche. “Quello che ipotizziamo è che i libici siano intervenuti, ma non riusciamo a spiegarci cosa sia successo perché abbiamo trovato i resti di un gommone affondato, due morti e solo un sopravvissuto”, dice Gatti. “Non sappiamo che pensare: chi ha distrutto i gommoni in questo modo? E perché queste persone sono state lasciate morire di freddo attaccate a una tavola?”.

Oscar Camps, fondatore dell’organizzazione umanitaria, non ha dubbi: si è trattato di omissione di soccorso, la responsabilità della morte della donna con il bambino è dei libici che hanno rivendicato nelle stesse ore di aver compiuto un salvataggio nella stessa zona e di aver soccorso 158 persone. La guardia costiera libica in un comunicato ha detto di aver intercettato un gommone con 158 persone a bordo più o meno nella stessa zona in cui sono stati trovati i morti e la donna sopravvissuta.

 

Le accuse ai libici e all’Italia

Ad accusare la Guardia Costiera libica è stato Oscar Camps con un primo tweet, dove racconta dell’annuncio della Guardia Costiera libica sostenendo che poi abbia lasciato due donne e un bambino a bordo dell’imbarcazione distrutta:

La guardia costera libia anunció que había interceptado un bote con 158 personas a bordo y había proporcionado asistencia médica y humanitaria.Lo que no dijeron fue que dejaron a dos mujeres y un niño a bordo y hundieron el barco porque no querían subirse a las patrulleras libias

Poi arrivano, in un secondo tweet del 17 luglio alle ore 13:01, le accuse al Governo italiano (“Per quanto tempo dovremmo affrontare assassini arruolati dal Governo italiano per uccidere?“):

Cuando llegamos, encontramos a una de las mujeres todavía con vida, no pudimos hacer nada por recuperar a la otra mujer y el niño que al parecer murió pocas horas antes de encontrarlos ¿Cuánto tiempo tendremos que lidiar con asesinos alistados por el gobierno italiano para matar?

 

La risposta del Viminale e le “prove”

La reazione del Viminale è stata quella di etichettare come “fake news” le accuse di omissione di soccorso sostenendo di avere le prove fornite da “osservatori terzi“:

‘Nessuna omissione di soccorso. Abbiamo un testimone terzo che lo dimostrerà’, si legge in una nota del ministero dell’Interno.

Infatti, a bordo della motovedetta della Guardia Costiera libica c’era una troupe televisiva tedesca di N-tv che manderà in onda il proprio servizio venerdì 20 luglio in Germania. A confermare la loro presenza è anche Udo Gümpel, corrispondente italiano della stessa televisione, in un post Facebook del 17 luglio alle 22:17 dove riporta le parole della sua collega Nadja Kriewald che era a bordo della motovedetta e spiega che:

Quello che Nadja non può confermare certamente, data la situazione notturna, che dopo quell’ora che il trasbordo dal gommone a bordo della nave della guardia è durato, fino alle 23:00 del 16-7, non ci fosse rimasto nessuno a bordo. 
Questo non lo si può affermare con certezza.
Non si può neanche sapere se c’era, nelle medesime acque, un’altro gommone simile, con sempre a bordo ca 160 persone, come racconta la sopravvissuta Josephine a bordo della Open Arms. E’ un tipo di gommone molto comune.

Mercoledì 18 luglio le dichiarazioni della giornalista tedesca di N-tv, Nadja Kriewald, vengono riportate da Il Messaggero:

«A bordo della nave libica sono state 165 le persone salvate: 119 uomini, 34 donne e 12 bambini». Alla domanda se possa escludere che qualcuno sia caduto accidentalmente dalla nave nel corso dei soccorsi notturni, la giornalista ha risposto: «Tutti i soldati e i componenti della nave si sono presi cura dei migranti, certo la nave era di 27 metri, se uno è a prua non sa cosa succede a poppa e viceversa, di conseguenza non posso escluderlo del tutto ma non credo», anche perché nessuno dei migranti ha detto che mancasse qualcuno, ha continuato Nadja Kriewald.

Il 18 luglio 2018 alle ore 15:26 sul sito di N-tv viene pubblicato un articolo dove la stessa Nadja Kriewald, confermando il racconto di Udo Gümpel, rivela elementi importanti sulla vicenda nel capitolo riguardante le accuse di Open Arms alla Guardia Costiera libica:

Einige Seemeilen von der “Ras Sdjeir” sah das womöglich anders aus. Dort geriet ungefähr zur selben Zeit ein Schiff in Seenot.

[…]

n-tv-Reporterin Kriewald sagt, dass sie zu den Vorwürfen von “Proactiva Open Arms” gegen die libysche Küstenwache nichts sagen kann. Kapitän Rameid von der “Ras Sdjeir” habe ihr zwar erklärt, dass es einen anderen Einsatz der libyschen Küstenwache in der Region gegeben habe. Zum Zeitpunkt dieses Einsatzes waren die Ras Sdjeir und Kriewald aber noch nicht in der Nähe. Mittlerweile hat sich Kriewald auch schon wieder auf das libysche Festland begeben. Um sich mit der Mutter des toten Mädchens zu treffen, das ihr in die Arme gelegt wurde.

La stessa giornalista dichiara di non poter commentare le accuse di Open Arms, siccome il caso a cui hanno assistito gli spagnoli potrebbe essere un altro. Infatti, la giornalista afferma che il capitano della nave dove lei si trovava a bordo le raccontò di un altro intervento della Guardia Costiera libica nella stessa zona, intervento che non è stato ripreso dalla troupe televisiva tedesca.

Nella foto, Nadja Kriewald

Da tutto questo risulta evidente che l’osservatore e testimone terzo, la troupe tedesca a bordo della motovedetta della Guardia Costiera libica, non può fornire alcuna prova per sostenere le accuse di “fake news” rivolte dal Viminale a Open Arms.

 

Aggiornamento: Open Arms ha detto comunque una fake news?

Qualcuno ha sollevato perplessità sul fatto che le prove del Viminale fossero “nulle” mentre Open Arms non ha portato sul banco le prove dell’omissione di soccorso da parte della Guardia Costiera libica.

Partiamo da un punto, quello in cui si vengono considerati i giornalisti presenti a bordo delle imbarcazioni come “testimoni terzi“. A bordo di Open Arms c’era la giornalista di Internazionale Annalisa Camilli, autrice dell’articolo dal titolo “Omissione di soccorso o naufragio? Sopravvive solo una donna“. L’avevo riportato in precedenza questo pezzo dell’articolo, ma lo ripropongo sottolineando i punti salienti:

Omissione di soccorso?
Riccardo Gatti, portavoce dell’organizzazione Proactiva Open Arms, ricorda che il 16 luglio, mentre era al timone del veliero Astral, navigando nel canale di Sicilia, per tutto il giorno ha ascoltato alla radio una conversazione tra un mercantile e la guardia costiera libica, parlavano di due gommoni in difficoltà a circa 80/84 miglia dalle coste libiche.

Il mercantile Triades diceva di essere stato allertato dalla guardia costiera italiana e chiamava la guardia costiera libica per intervenire in soccorso dei gommoni. Le imbarcazioni con i migranti a bordo sembravano partite da Khoms, una città a est di Tripoli. La conversazione tra il mercantile Triades, diretto a Misurata, e la guardia costiera libica è andata avanti per molte ore. I volontari della Open Arms hanno ascoltato la conversazione alla radio.

Poi in serata la guardia costiera libica ha detto al mercantile di ripartire perché sarebbero intervenute le motovedette libiche. “Quello che ipotizziamo è che i libici siano intervenuti, ma non riusciamo a spiegarci cosa sia successo perché abbiamo trovato i resti di un gommone affondato, due morti e solo un sopravvissuto”, dice Gatti. “Non sappiamo che pensare: chi ha distrutto i gommoni in questo modo? E perché queste persone sono state lasciate morire di freddo attaccate a una tavola?”.

Dunque la Guardia Costiera libica aveva detto al mercantile di andarsene perché sarebbero intervenuti loro con le motovedette per i due gommoni, di cui abbiamo notizie del recupero di uno di questi da parte della giornalista tedesca Nadja Kriewald.

I resti del gommone ritrovato da Open Arms è quello di cui si stavano occupando i libici dopo aver mandato via il mercantile. Drogo, su NextQuotidiano, pubblica uno storico dei movimenti delle navi coinvolte (il mercantile Triades e la Open Arms) confermando il luogo di ritrovo. Inoltre:

A confermare che sono proprio quelle le coordinate del recupero di Josefa e del ritrovamento dei due corpi senza vita dei migranti il tweet del parlamentare di LEU Erasmo Palazzotto, anche lui a bordo della Open Arms; come il cestista NBA Marc Gasol che ha direttamente partecipato all’operazione di salvataggio di Josefa. A Repubblica Gasol ha raccontato che l’equipaggio dall’ascolto della conversazione radio ha «appreso che la motovedetta libica ha riportato i naufraghi indietro dopo aver distrutto la barca su cui erano rimasti per due notti».

Non solo, c’è anche la testimonianza della donna soccorsa da Open Arms riportata da un altro articolo di Annalisa Camilli (e poi da Il Post):

Una flebo di soluzione fisiologica è appesa sul palo del ponte della nave: goccia a goccia entra nelle vene di Josefa per reidratarla. “Siamo stati in mare due giorni e due notti”, racconta. Non si ricorda da dove sono partiti e non sa dove sono i suoi compagni di viaggio. “Sono arrivati i poliziotti libici”, dice. “E hanno cominciato a picchiarci”.

C’è un fatto inquietante, ossia quello del mancato annuncio del recupero del secondo gommone da parte della Guardia Costiera libica nonostante fosse stato dichiarato alla giornalista tedesca:

The Libyan coastguards denied the “allegations of the Spanish NGO” saying the Libyan personnel carried out their mission professionally as per the internationals standards, adding that there was a German journalist onboard with the Libyan coastguards and saw the whole incident and she will publish a report on N-TV channel of German RTL.

 

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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