L’Onu vuole imporre una tassa del 20% su formaggi e prosciutti italiani? Calma! Facciamo chiarezza

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Mi hanno segnalato un tweet di Luca Telese molto interessante pubblicato il 18 luglio 2018:

Non è uno scherzo: l’Onu vuole imporre una tassa del 20% su olio, grana, parmigiano e prosciutto. Cibi salti e nocivi, – dicono – meglio la chimica. L’Onu vuole immagini di morte e malattia sui prodotti alimentari tipici, come sulle sigarette. Contro l’idiozia servono barricate.

Qualcuno si domanda quale sia la fonte di Telese, il quale risponde così:

È su ttti i giornali, dal Sole a La verità

La sera dello stesso giorno, circa undici ore dopo Telese, anche Matteo Salvini attacca l’Onu sullo stesso argomento mostrando titoli di giornali:

Parmigiano reggiano, ma anche prosciutto, olio, pizza e altre eccellenze italiane dannose come il fumo??? All’Onu sono MATTI, giù le mani dai prodotti italiani!

 

La presunta tassa del 20%

Vediamo cosa riporta IlSole24Ore nell’articolo del 17 luglio 2018 dal titolo “Onu, agroalimentare italiano sotto accusa: «Olio e Grana come il fumo»“:

Il Parmigiano reggiano, il Prosciutto di Parma, ma anche la pizza, il vino e l’olio d’oliva. Tutti rischiano di fare la fine delle sigarette: tassati, e con tanto di immagini raccapriccianti sulle confezioni per ricordare che «nuocciono gravemente alla salute».

[…]

Il D-Day è fissato per il 27 settembre, quando a New York si terrà un incontro di un giorno intero dell’assemblea generale delle Nazioni Unite a livello di capi di stato e di governo per affrontare i temi relativi alle malattie non trasmissibili. È qui che andrà ai voti la proposta su cui l’Onu sta lavorando proprio in queste settimane, e che potrebbe prevedere nuove, pesanti tasse sui prodotti alimentari contenenti grassi, sale e zuccheri. Allo studio c’è anche l’inserimento di avvisi di pericolo sulle confezioni di molti prodotti alimentari per scoraggiare il loro consumo, simili a quelli usati proprio per le sigarette.

[…]

Ma il made in Italy non è l’unico preoccupato: un fronte comune si sta coagulando, tra i Paesi cosiddetti della dieta mediterranea, per proteggere i migliori prodotti della tradizione alimentare. Dai formaggi francesi alle olive greche, passando per il jamòn iberico. Uno studio dello Iea sostiene che se a tutte le bevande e a tutti i cibi contenenti zucchero, sale o grassi saturi venisse per esempio applicata una tassa del 20%, l’aggravio nel carrello della spesa di una famiglia media sarebbe di 546 euro all’anno in Italia, di 612 dollari negli Stati Uniti e di 458 sterline in Gran Bretagna. Nel complesso, i consumatori italiani avrebbero ogni anno 13,5 miliardi in meno da spendere.

Leggendolo bene si comprende la presunta tassazione del 20% è soltanto un esempio al fine di porre un calcolo sulla spesa di una famiglia italiana, un esempio che è stato riportato dallo IEA (“Institute of Economic Affairs“) e non dall’Onu.

Ecco cosa riporta lo IEA nell’articolo dal titolo “WHO proposals for new taxes on food and drinks would cost a typical UK household up to £458 per year“:

After a tax on sugar-sweetened beverages was introduced in Britain last month, campaigners wasted no time in calling for it to be extended to milkshakes, coffee and all food products that contain added sugar. The World Health Organization recommends that sugary drinks be taxed at 20%, claiming that this “can lead to a reduction in consumption of around 20%, thus preventing obesity and diabetes” although there is no evidence that obesity rates have been affected by such taxes to date. The WHO also recommends higher taxes on alcohol as one of its “best buys” and supports “taxation of target foods”, by which it means food that is high in sugar, salt and fat. It claims that “food taxation” has shown “promising results” in countries such as Hungary.

Si parla inizialmente di una proposta (ancora nessun obbligo) di tassazione del 20% per le bevande zuccherate (qui il documento ONUPDF) che ne farebbe calare i consumi:

Taxes on sugary drinks help reduce consumption and prevent obesity
• Taxation on sugary drinks is an effective intervention to reduce sugar consumption (8).
Evidence shows that a tax on sugary drinks that rises prices by 20% can lead to a reduction in consumption of around 20%, thus preventing obesity and diabetes(9)

Sul sito dello IEA viene riportato lo studio sui costi (PDF) i quali si basano su quella proposta del 20% sulle bevande zuccherate come punto di riferimento:

‘Sin taxes’ of this kind raise the cost of living and are financially regressive. If all food and drink products that WHO regards as ‘unhealthy’ were subject to a twenty per cent tax, the cost of a typical basket of goods would rise by £458 a year in the UK, $612 a year in the USA, €546 a year in Italy and €607 a year in Ireland.

 

Il contestato documento dell’ONU

Il documento dell’ONU

L’unico documento ONU consultabile è quello pubblicato a giugno dal titolo “Time to deliver” (PDF – qui in altre lingue) dove:

  • si vogliono trovare soluzioni per aiutare chi soffre di malattie non trasmissibili e che insorgono a causa di pessime abitudini alimentari;
  • non vengono citati gli alimenti contestati;
  • iniziative nei confronti di tabacco, alcol, diete, terapie contro alcune malattie (ad esempio il diabete) e prevenzione contro il cancro.

Il tema caldo è quello legato all’uso del sale, il quale può nuocere alla salute se assunto senza moderazione (anche ingerendo elevate quantità di prodotti che ne contengono molto). Se ne parla a pagina 33 del documento:

REDUCE UNHEALTHY DIET
9 Reduce salt intake through the reformulation of food products to contain less salt and the setting of target levels for the amount of salt in foods and meals34
10 Reduce salt intake through the establishment of a supportive environment in public institutions such as hospitals, schools, workplaces and nursing homes, to enable lower sodium options to be provided
11 Reduce salt intake through a behaviour change communication and mass media campaign
12 Reduce salt intake through the implementation of front-of-pack labelling35

Nel documento si considera come attività di prevenzione la riduzione nelle diete “non salutari” di alimenti contenenti sale, suggerendo che ne dovrebbero contenere di meno, e nel caso di applicare un avviso nelle etichette al fine di sensibilizzare il consumatore. Nulla di scandaloso.

L’unico riferimento alle tasse è un auspicio dove i governi nazionali “dovrebbero” (non è un obbligo) implementare misure fiscali sui prodotti “non salutari“, aumentando eventualmente le tasse per i prodotti come tabacco, alcol. Ecco quanto riportato al capitolo 5 (pagina 27) del documento:

NATIONAL GOVERNMENTS SHOULD
— Develop and implement a new economic paradigm for actions against NCDs, based on evidence that effective measures are investments in human capital and economic growth.
— Increase the percentage of national budgets allocated to health, health promotion, and essential public health functions, and within health, to NCDs and mental health.
Implement fiscal measures, including raising taxes on tobacco and alcohol, and consider evidence-based fiscal measures for other unhealthy products.
— With the support of tools developed by WHO, conduct health-impact assessments and, where possible, fullcost accounting, which factors in the true cost to societies of policies that have a bearing on NCDs.

 

Le risposte e le conclusioni

Leggendo l’articolo del Corriere riportato nel tweet di Matteo Salvini, dal titolo “Onu, Parmigiano nel mirino: per ridurre grassi e sale, ipotesi etichetta speciale” e aggiornato alle 19:22 (pochi minuti prima delle dichiarazioni social del Ministro dell’Interno), scopriamo che dall’OMS (l’agenzia speciale dell’ONU per la salute) mettono le mani avanti in merito all’etichettatura:

Francesco Branca, direttore del dipartimento di nutrizione dell’Oms per la salute e lo sviluppo, ha però già messo le mani avanti: le notizie di «bollini neri dell’Oms su tale o tale alimento non sono corrette». Non tutte le altre misure previste però, piaceranno a produttori e consumatori: «Anche le politiche dei prezzi possono essere utili – ha aggiunto l’esperto dell’Oms – In particolare, se prodotti non-sani sono disponibili a prezzi bassi è più alta la probabilità che il loro consumo aumenti».

Non solo, in seguito arriva anche la dichiarazione di Riccardo Deserti, direttore Consorzio Parmigiano Reggiano:

Dopo la rassicurazione dell’Oms, è arrivata la notizia che la riunione di settembre all’Onu dovrebbe concludersi solo con una dichiarazione politica. E contemporaneamente si sono calmate le acque al Consorzio del Parmigiano Reggiano: «Abbiamo letto con attenzione il documento «Time to deliver» e risulta evidente – ha commentato Riccardo Deserti, direttore Consorzio Parmigiano Reggiano – che l’Oms non ha messo sotto accusa le eccellenze italiane, né tantomeno il Parmigiano Reggiano che è noto per essere sano e naturale, per l’alta digeribilità, l’elevato contenuto di calcio e minerali, l’assenza di additivi e conservanti». La questione dell’etichetta comunque esiste: «L’Oms – ha continuato Deserti – esprime tuttavia raccomandazioni a favore dell’adozione di norme di etichettatura sui prodotti per evidenziare la presenza di sale e grassi saturi. Questo punto apre il rischio che a livello mondiale si alimenti un “sistema Arlecchino” con grande confusione o, ancor più grave, che taluni paesi strumentalizzino tale raccomandazione per introdurre nuove barriere commerciali».

Insomma, se da una parte giornalisti e politici sostengono ci sia un attacco alle eccellenze italiane, queste negano che ci sia stato uno stato di accusa nei loro confronti, ma ritengono che un eventuale etichettatura potrebbe creare dei problemi a seconda dei paesi che vorranno applicarle. Nessun obbligo, nessuna imposizione.

L’incontro del 27 settembre a New York non porterà ad alcuna risoluzione, nessun obbligo verso i Governi dei singoli stati, ma soltanto dei suggerimenti e proposte per il contrasto ai problemi di salute citati nel documento.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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