Il pericolo dietro ai Fake News Awards di Donald Trump

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Ieri sono stato ospite di Sky TG24 per parlare di Fake News e la domanda più interessante è stata quella relativa a cosa pensavo dei “Fake News Awards” di Donald Trump. Una grande e grossa buffonata, ma tale sceneggiata può avere delle ripercussioni molto pericolose che avevo già notato in Italia con un altro personaggio. Ne parlerò in un’altra occasione, per ora rimaniamo negli USA.

Parliamo di “premi” e come tali portano ad una sorta di riconoscimento che in questo caso risulta avere anche una forte valenza istituzionale. A parlare è infatti il Presidente degli Stati Uniti d’America, il quale attacca i media che non gli piacciono (etichettandoli come nemici degli americani) ed elogiando quelli da lui apprezzati (non presenti in classifica):

We should have a contest as to which of the Networks, plus CNN and not including Fox, is the most dishonest, corrupt and/or distorted in its political coverage of your favorite President (me). They are all bad. Winner to receive the FAKE NEWS TROPHY!

Il sondaggio venne pubblicato sul sito Action.donaldjtrump.com presentando 3 quesiti dove veniva chiesto un giudizio (“Fake News“, “Faker News“, “Fakest News” e “Other“) nei confronti di tre casi riportati da ABC News, CNN e il Time, mentre si concludeva chiedendo ai votanti una quarta proposta:

Il sondaggio “direzionato”

Bisogna tenere in considerazione che il pubblico votante fu in particolare quello registrato alla newsletter della campagna elettorale a sostegno della sua presidenza:

An email pumped out by the Trump-Pence reelection campaign Thursday asks the “AMERICAN PEOPLE” to crown the king of reporters covering topics Trump doesn’t like.

Possiamo discutere anche dell’intervento del repubblicano John McCain che in un suo articolo pubblicato dal Washingtonpost ha chiesto al Presidente di smettere di attaccare la stampa americana perché in questo modo fornisce un assist ai regimi repressivi per fare altrettanto sentendosi legittimati a farlo:

Unfortunately, the Trump administration’s attitude toward such behavior has been inconsistent at best and hypocritical at worst. While administration officials often condemn violence against reporters abroad, Trump continues his unrelenting attacks on the integrity of American journalists and news outlets. This has provided cover for repressive regimes to follow suit. The phrase “fake news” — granted legitimacy by an American president — is being used by autocrats to silence reporters, undermine political opponents, stave off media scrutiny and mislead citizens. CPJ documented 21 cases in 2017 in which journalists were jailed on “fake news” charges.

McCain non ha tutti i torti, bisogna ricordare che in Libia vennero condivisi gli interventi di Donald Trump contro i media americani come la CNN per screditare il report sulla schiavitù nel Paese africano:

A tweet by Donald Trump accusing CNN of purveying “fake news” has been seized on by Libyan media to challenge a report by the US broadcaster which suggested modern day slave auctions were being held in the country.

Insomma, questa “premiazione” oltre ad essere faziosa è dannosa per tutti, non solo per gli americani. Nel caso diventasse un appuntamento fisso, annuale, oltre a rafforzare la sua “istituzionalità” (nota: mi riferisco al “premio“) lo stesso Trump verrà percepito da molti come un punto di riferimento per definire i media “disonesti“, anche se in realtà andrà a toccare soltanto coloro che parlano “male” di lui.

Sono stati pubblicati contenuti alterati nei confronti di Donald Trump? Certo, non lo metto in dubbio! Ricordiamo le accuse di aver fatto una brutta figura di fronte al Premier giapponese Shinzo Abe mentre davano da mangiare ai pesci:

President Trump feeds fish with PM Shinzo Abe in Japan, then pours the entire box of food into the koi pond.

Pura disinformazione spiegata proprio da quelli che i polarizzati definirebbero come quelli “di parte” e “venduti“, i debunker:

Il fact checking di Snopes

Ognuno ha il diritto di difendersi dalle falsità diffuse sul proprio conto, ma bisogna fare attenzione! Tornando sull’argomento, chi ci guadagna è Fox News che è stata totalmente ignorata (allo stesso modo siti e noti blogger americani che hanno dimostrato in più di un’occasione di aver diffuso enormi falsità). Lo stesso Trump aveva elogiato la rete “amica” nell’aprile 2017 scatenando non poche polemiche, ma bisogna tornare a febbraio 2017 per ricordare la sua fonte sulla “fake news” in merito alla Svezia:

My statement as to what’s happening in Sweden was in reference to a story that was broadcast on @FoxNews concerning immigrants & Sweden.

Risulta comprensibile che qualcosa non va in questa “premiazione” palesemente di parte presentata e organizzata dal partito al governo negli Stati Uniti. Stiamo osservando una chiara ed evidente operazione di propaganda utile a rafforzare la narrativa del Presidente Donald Trump come “vittima di un attacco mediatico ingiusto e disonesto“, per nulla di imparziale. Eppure di notizie false ne ha diffuse e condivise lui stesso e non poche, come riporta Politifact:

Le analisi di Politifact sulle dichiarazioni di Donald Trump dal 2015 ad oggi

L’uso del termine “Fake News” viene completamente abusato dai politici, non solo negli Stati Uniti. Vorrei ricordare il mio tweet del 29 novembre 2017:

Provo un senso di nausea leggendo ciò che è stato scritto da testate, siti, giornalisti, politici, esperti, utenti e via dicendo sulla questione Fake News. Tirano acqua al proprio mulino, alcuni attraverso ulteriori Fake News. Tutti vogliono vincere, ma stanno perdendo tutti.

Vorrei concludere con un invito: tenete bene d’occhio coloro che elogiano l’iniziativa di Donald Trump e che in Italia accusano il partito o gli esponenti del Governo uscente di voler svolgere un ruolo da “controllore” e “unica voce istituzionale” che determina la veridicità di una notizia. So già che qualcuno potrà considerare questa mia iniziativa come a sostegno della parte chiamata in causa, ma so già che non andrà mai a leggere tutto ciò che ho scritto in passato selezionando ciò che gli viene comodo (proprio come ha fatto Trump).

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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