Il caso della sposa bambina con un musulmano a Padova: siete la morte del giornalismo

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Nella giornata di ieri, martedì 21 novembre 2017, una testata giornalistica nota come Il Messaggero pubblica un articolo dal titolo “Padova, sposa bambina a 9 anni: preso l’orco che la violentava“:

PADOVA – Sposa-bambina, molestata, abusata sessualmente. Vittima non solo della cieca violenza di un uomo, ma anche e soprattutto di un orribile disegno molto più grande di lei. La protagonista di questa terribile storia è una bimba di nove anni, di religione musulmana, che vive da tempo con la propria famiglia nel Padovano. L’altro protagonista, l’orco finito nella rete dei carabinieri, è un uomo di 35 anni sempre di fede musulmana. Tutto nasce, come da tradizione per questo tipo di cultura religiosa,…

La storia, raccontata dal giornalista Gabriele Pipia, è stata categoricamente smentita dalle forze dell’ordine. Non risulta alcun matrimonio, alcuna violenza, alcun fascicolo aperto presso la Procura competente:

“Una bambina di 9 anni è stata data in sposa ad un uomo di 35 anni, che avrebbe abusato di lei. Il matrimonio è stato combinato dalle due famiglie, entrambe di religione musulmana, senza aspettare che la piccola raggiungesse la maggiore età“. La notizia, scritta martedì mattina dal Messaggero, ripresa da molti siti e commentata, ad esempio, da Salvini (“cosa mostruosa, non c’è spazio in Italia per questo multiculturalismo”) è però una fake news. Ilfattoquotidiano.it è tra le testate che hanno inizialmente riportato la notizia. Successivamente, nel corso del lavoro di approfondimento, i riscontri sono mancati totalmente. Di più: i carabinieri di Padova (che secondo quanto riportato dal Messaggero avrebbero “fermato l’orco”) smentiscono non solo di essersi occupati del caso, ma anche l’esistenza stessa della vicenda. “Negli ultimi anni non ci siamo occupati di un caso del genere e anche se se ne fosse occupata un’altra forza di polizia sicuramente ne avremmo avuto notizia”, spiegano dal comando provinciale di Padova.

E il racconto della bambina che dice tutto ai medici, del supporto degli psicologi, del centro d’ascolto che starebbe ospitando la bambina stessa e dell’indagine – appunto – dei carabinieri? Dalle forze dell’ordine nessun riscontro. Andrea Ostellari, segretario provinciale della Lega Nord di Padova, non ha perso tempo per commentare e, sentito dall’AdnKronos ha chiesto “una presa di posizione inequivocabile soprattutto ai musulmani di Padova, che hanno l’obbligo di condannare questa barbarie insopportabile“. In attesa delle scuse di Ostellari e di Salvini, i lettori ricevono quelle de Ilfattoquotidiano.it per aver contribuito, almeno inizialmente, ad alimentare questa storia.

Noto anche un pezzo su La Stampa del 22 novembre, il giorno dopo e successivo alle smentite, che però riporta anche una modifica ad uno dei dati della falsa storia:

Sarebbe encomiabile se le donne e gli uomini impegnati in una battaglia opportuna contro i Weinstein e i Brizzi di tutto il mondo, sebbene un po’ scomposta, un po’ genericamente recriminatoria, un po’ troppo indugiante al linciaggio, un po’ troppo declinata al capestro mediatico, riservassero alcune delle loro energie al caso della bimba di Padova che a nove anni è stata ceduta in matrimonio a un uomo di quarantacinque.

È una bambina di famiglia musulmana. Di lei non conosciamo il nome né la provenienza. Sappiamo che è finita in ospedale per una emorragia e ai medici è stata subito evidente la causa: violenza sessuale. Il marito, diciamo così, esercitava i suoi diritti di letto. Di questa bambina non avremmo saputo niente, mai, se non fosse stato per il ricovero. Inghiottita nel suo abisso col consenso della madre e del padre. Non sappiamo nemmeno quanti siano i casi del genere in Italia.

Pur notando l’enorme colpa del giornalista e della testata, abbiamo un altro problema: le altre testate che sanno soltanto copiare le notizie altrui senza verificarne la veridicità. Ecco alcuni esempi:

Articoli modificati, articoli cancellati, come gettare il sasso e nascondere la mano. Questo non è giornalismo! Un bravo giornalista, prima di riprendere un articolo pubblicato da altri, doveva prendere il telefono (signori, avete un cellulare in mano o lo usate solo per twittare?) e chiamare le forze dell’ordine presunte coinvolte nella vicenda. Niente, appena qualcuno effettua la verifica si nascondono. Almeno quelli de Il Fatto Quotidiano hanno chiesto scusa ai lettori, almeno quello!

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Notiamo la palese propaganda politica del Secolo d’Italia:

Curioso sentire parlare con tanta enfasi di Ius soli e di integrazione, quando poi nessuno – neanche le donne progressiste dalla Boldrini in giù– su questa discriminazione delle donne nella religione musulmana e sulle usanze familiari contrarie alle nostre leggi non dicono un parola. Nulla.

A proposito di politica, non poteva mancare Salvini:

Padova, data in sposa a 9 anni a un uomo di 35, in ospedale per le emorragie causate dalle violenze sessuali. TUTTO QUESTO È MOSTRUOSO. Non c’è spazio in Italia per questo “multiculturalismo”!

Lunedì ero a Nocera Inferiore per intervenire al convegno sulle Fake News che apriva i corsi di “Alfabetizzazione giornalistica” e di “Comunicazione istituzionale, gestione uffici stampa e giornalismo social”. Ecco, questi erano i tipici esempi che avevo riportato ai giovani studenti su come non fare comunicazione.

AGGIORNAMENTO 23 novembre ore 16:00

Il Messaggero, così come altre testate, hanno rimosso i loro articoli.

In seguito, Il Messaggero e Il Gazzettino pubblicano un articolo dove cercano di chiarire l’accaduto:

La notizia della bambina di 9 anni data in sposa a un 35enne, pubblicata dal Gazzettino, è stata ripresa e commentata da molti giornali e siti web. Alcuni, non avendo trovato conferma di quanto riportato, hanno dedotto che si tratti di una notizia falsa.

A chiarimento di quanto scritto, specifichiamo che la notizia non è frutto di una nostra fantasia: ci è stata data da una fonte ufficiale, qualificata e informata sui fatti, nel contesto della presentazione di una nuova “sala protetta” per l’audizione di vittime di violenza gestita dal Soroptimist di Padova e dall’Arma dei Carabinieri. La stessa fonte ci ha fornito anche dettagli – che non sono stati riportati nell’articolo – tali da rendere evidente la conferma di una conoscenza precisa dei fatti.

Non abbiamo quindi motivo di dubitare della credibilità della fonte in questione. Tuttavia, se abbiamo scritto qualcosa di inesatto, ce ne scusiamo innanzitutto con i nostri lettori. Non è mai stata intenzione del Gazzettino enfatizzare oltremisura determinate situazioni, ma proprio la precisione del racconto e la circostanza in cui è stata appresa l’informazione ci ha spinto a renderla pubblica. Peraltro, prendiamo chiaramente le distanze da considerazioni e commenti che in alcuni casi sono stati fatti.

Si affidano ad una fonte, smentita dalle autorità competenti, ma si scusano preventivamente.

Come di consueto certi depravati sessuali che gestiscono siti di disinformazione cercano di correre ai ripari sostenendo a tutto spiano che per forza il fatto sia accaduto, questa volta basando la propria tesi su una risposta del direttore del Gazzettino ad un lettore che bisogna leggere con attenzione al fine di non cadere nel tranello degli xenofobi di professione:

Caro direttore,
ho letto l’altro ieri sul nostro giornale una notizia che mi ha molto impressionata: quella della sposa bambina violentata dal “marito”. Una storia agghiacciante che si sarebbe verificata in provincia di Padova. Il giorno successivo mi attendevo di leggere sul giornale ulteriori particolari sui fatti esposti e reazioni. Invece non ho visto nulla. Non solo: su un sito di informazione web ho letto che la notizia non era stata confermata. Mi permetto di chiederle: come stanno veramente le cose?
A.G.
Venezia

Caro lettore,
il nostro è un mestiere complicato. Dove spesso è difficile capire dove inizia e dove finisce la verità. Ma chi fa informazione ha anche il dovere della trasparenza, innanzitutto nei confronti dei propri lettori. I fatti, per come li conosciamo fino ad oggi, sono questi. Un nostro giornalista, a Padova nell’ambito della presentazione della nuova sala protetta per l’audizione delle vittime di violenza gestita dal Soroptimist e dall’Arma dei Carabinieri, ha raccolto, da una fonte ufficiale e qualificata, la storia. Per essere ancora più chiari: non si era trattato di una battuta o di una “voce del sen sfuggita”, ma di un racconto articolato, circostanziato e ricco di dettagli. Data la credibilità della fonte, la dovizia di particolari, il luogo stesso in cui la notizia era stata raccolta e nella difficoltà di fare ulteriore verifiche alla luce anche dell’epoca in cui la drammatica vicenda si sarebbe verificata[1] (almeno un anno fa), abbiamo scelto di rendere pubblica la storia. Che ha fatto, naturalmente, molto rumore, è stata ripresa e commentata da altri organi di informazione, sia sua carta che su Internet. Il giorno successivo abbiamo cercato di approfondire e di cercare ulteriori conferme. Senza riuscirci[2]. Anzi, seppur informalmente, fonti investigative hanno negato a noi come ad altri giornali di essere a conoscenza dei fatti narrati. Questa, almeno allo stato attuale, è la realtà[3]. Avremmo potuto prendere tempo, fare ulteriori ricerche e verifiche. Le faremo ovviamente. Ma intanto abbiamo un dovere: quello, appunto, della trasparenza e della correttezza. Se abbiamo scritto sul nostro giornale una notizia inesatta o non corrispondente ai fatti dobbiamo, innanzitutto, prenderne atto e scusarci. Con i lettori e con chi si è sentito colpito o turbato da quella notizia. Un fatto è certo: non era nostra intenzione strumentalizzare i fatti. Commenti e considerazioni sulla vicenda che abbiamo letto e ascoltato non ci appartengono in alcun modo.

Il direttore sostiene che:

  1. hanno avuto difficoltà di fare ulteriori verifiche e avevano deciso di pubblicare ugualmente (il condizionale usato, “si sarebbe verificata“, è d’obbligo);
  2. hanno cercato ulteriori conferme il giorno successivo alla pubblicazione dell’articolo e la conseguente polemica scaturita, senza riuscirci;
  3. allo stato attuale la realtà dei fatti è quella riportata dalle fonti investigative, le quali negano quanto riportato dal suo giornale e da altre testate.

Questo è lo stato attuale. Le forze dell’ordine hanno negato, le testate che avevano pubblicato hanno rimosso gli articoli dopo aver tentato di verificare ulteriormente quanto hanno pubblicato.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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