Quando la satira diventa un alibi

Manipolazioni, fotomontaggi e odio online: dove finisce l’ironia e dove inizia la disinformazione?

Da anni assistiamo a una crescente produzione di contenuti falsi, manipolati o allusivi diffusi sui social con la presunta scusa della “satira”. Qualcuno potrebbe sostenere che l’intento di determinati contenuti sia quello di “far ridere” o “provocare”, ma a volte l’effetto reale risulta diverso, con diversi utenti che li prendono come “veri” e, indignati, li condividono in maniera scomposta, alimentando odio, pregiudizi o discredito verso persone o categorie. Non è una novità, purtroppo, così come chi contesta coloro che evidenziano la falsità, soprattutto a chi non la riesce ad individuare, con la scusa del “non capire la satira” o di “non riconoscerla”. Eppure, non tutti questi contenuti che circolano online possono essere ritenuti “satirici”.

L’alibi della satira

La satira vera è riconoscibile, ha un tono parodico, esagerato, grottesco, dichiaratamente finta. Una vignetta firmata, una battuta in uno sketch comico, una pagina dichiaratamente umoristica (ad esempio Lercio), può ricondurre all’opera della satira, anche quando è scomoda. Tuttavia, quando si prende un’intervista reale e si cambia il testo, mettendo in bocca a qualcuno una frase mai pronunciata, oppure quando si rischia di alludere ad abusi sessuali o di alimentare l’odio e il razzismo, soprattutto senza una firma, senza contesto, senza ironia evidente, allora la satira viene meno, diventando manipolazione. La differenza è semplice: la satira fa riflettere, la disinformazione fa credere a una bufala.

Dall’alibi alla accusa contro chi ci casca: “Sono stupidi”

Chi difende certi contenuti dicendo “è evidente che è satira” spesso scarica la colpa sul pubblico che ci crede sul serio e che reagisce in malo modo: “Se ci hai creduto, sei stupido”, “la gente crede a tutti, che idioti”, “analfabeti funzionali” e via dicendo. È un meccanismo ben noto nella comunicazione tossica, dove viene sfruttata l’ambiguità facendola passare per ironia, per poi deridere chi la prende sul serio. Un gioco al massacro in cui chi diffonde il contenuto viene descritto come “genio dell’umorismo”, mentre chi ci crede è ridotto a “analfabeta funzionale”. Ma la responsabilità non è di chi ci casca, quanto piuttosto di chi ha creato il contenuto che può sembrare credibile.

Il falso screenshot del turista francese

Dopo l’aggressione a un turista ebreo francese in un Autogrill di Lainate, è circolato online un falso screenshot tratto da RaiNews, con una citazione falsa attribuita all’intervistato. Nell’immagine è presente il video dell’intervista, realizzata da Gennaro Sangiuliano, con il francese di spalle. In basso è presente, e molto chiaramente, la grafica del TG1 (logo incluso).

Molti utenti hanno creduto che fosse reale, osservandola e diffondendola dai loro smartphone con commenti fuori luogo e infamanti. Non ci sono watermark che indichino l’autore dell’immagine, ma quest’ultimo, così come i suoi “fan”, sostiene che si tratti di “satira evidente”. Tuttavia, la costruzione dell’immagine con parole mai dette da una persona reale, e la grafica di una testata pubblica, può facilmente essere interpretata come una forma di manipolazione, suscettibile di produrre conseguenze reali, non riconducibili alla satira.

Le reazioni online: quando l’ambiguità genera odio reale

Le conseguenze della diffusione del falso screenshot del turista francese non sono state tutte affatto “ironiche” o “comiche”, come sostengono i difensori dell’autore. Anzi, per molti utenti, il contenuto è sembrato così plausibile da spingerli a commentare indignati, alimentando disinformazione e retoriche antisemite.

«Non è Lercio», ha scritto qualcuno su X, convinto che fosse una notizia vera, citando il sito satirico italiano per rafforzarne la credibilità. Un altro utente, accorgendosi che il contenuto non era reperibile su RaiNews, ha comunque ipotizzato la presenza di una “manina riparatrice”: «Però non combacia, hanno cambiato la pagina?».

Molti hanno creduto alla narrazione per cui il turista avrebbe insultato il cassiere, e infatti qualcuno interviene ponendo questa domanda: «Cioè praticamente se l’è presa sul personale perché gli hanno fatto lo sconto?».

Altri sono andati ben oltre: «Oltre a essere dei criminali sono pure dei taccagni», «L’ennesimo stereotipo confermato», «I sionisti sono fatti così e bisogna accettarli!» (scritto all’interno di un’immagine con un’accetta), «Merda sionista, vattene affanculo!».

Questi non sono commenti “satirici”, ma effetti diretti di una manipolazione creduta reale da molte persone, che ha fomentato odio etnico e religioso.

C’è anche chi ha provato a correggere la disinformazione, pubblicando lo screenshot vero: «Questo è l’articolo reale. Ovviamente ciò che costui ha detto è completamente diverso dal fotomontaggio spacciato come verità». Successivamente, su X, è sorprendentemente comparsa una Community Note che identifica l’autore originale della manipolazione, ma definendola “satira”.

Capezzone e i “spermatozoi ebrei”: umiliazione o satira?

Scorrendo nel profilo dell’autore dell’immagine falsa e ingannevole, è presente un’altra immagine che raffigura due spermatozoi contrassegnati da elementi riconducibili alla religione ebraica che si parlano tra di loro. Uno dice: “Che bello, tra poco arriveremo alle tube!”. L’altro risponde: “Amico mio, siamo nelle tonsille di Daniele Capezzone”.

Di fatto, l’effetto dell’immagine è quello di ridicolizzare il giornalista Daniele Capezzone, etichettandolo come “servile verso gli ebrei”, con una connotazione sessuale esplicita, volgare e omofoba. Quell’immagine, può essere interpretata come un attacco personale a una persona reale, mediante un’allusione sessuale riconducibile a soggetti di religione ebraica. Un contenuto che potrebbe essere percepito da alcuni come antisemita e omofobo, pur presentandosi in forma di “battuta”.

Netanyahu e gli escrementi: odio grafico o critica politica?

Proseguendo, è presente un’immagine di Benjamin Netanyahu, disegnato mentre defeca abbondantemente, con Enrico Mentana, David Parenzo e Carlo Calenda che raccolgono i suoi escrementi in bocca con la lingua fuori.

Una rappresentazione che può risultare volgare e umiliante. Si potrebbe sostenere che si tratti di un intento simbolico per criticare un presunto servilismo verso Israele, ma che di fatto deumanizza i soggetti e risulta fortemente offensiva, paragonabile a una forma di odio grafico e di umiliazione gratuita.

Il riferimento alla “frequentazione di minorenni rumene”

Un fotomontaggio, invece, raffigura Enrico Mentana imputato in tribunale, con una falsa dichiarazione in cui sembrerebbe parlare di frequentazioni con minorenni rumene, usando il termine “underage” con tono goffo.

L’immagine non risulterebbe nata dal nulla, ma potrebbe venire interpretata come reazione alla definizione fornita dal direttore di TGLa7 ai coloni israeliani: “settler”. Si tratta di una parola comunemente usata nel giornalismo internazionale, ma che in certi ambienti suscita rabbia. Questo elemento non risulta comprensibile nell’immagine, non propone un confronto semantico o storico, ma risponde con una rappresentazione sessualizzata e possibilmente diffamatoria. Si potrebbe parlare, in questo caso, di strategia di delegittimazione per discredito morale, reagendo a una definizione non gradita nei confronti dei coloni israeliani, “settler”, con un attacco personale che pretende di usare un “linguaggio umoristico” per legittimare un attacco personale che, di fatto, devia il dibattito.

Il caso Ignazio La Russa e gli ebrei

Passiamo a un’altra immagine che mostra Ignazio La Russa, presidente del Senato davanti a dei bambini di religione ebraica, dove tutti i presenti indossano la kippah (incluso lui). La scena viene accompagnata dalla seguente frase: “Ragazzi, incredibile cosa riesce a fare ormai questa intelligenza artificiale”. Il riferimento potrebbe lasciar intendere, o insinuare, che l’immagine sia falsa o che ci sia qualcosa di “strano” nella scena.

In realtà, si tratta di un video autentico dell’evento per i 120 anni del Tempio Maggiore, in cui i bambini consegnano un dono al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che si trovava a fianco di Ignazio La Russa. Il contenuto può facilmente risultare ambiguo ed essere letto come una critica simbolica (La Russa con busto del Duce nella sinagoga), ma si presta a strumentalizzazioni pericolose, specialmente alla luce di teorie del complotto antisemite che associano ebrei e pedofilia. In questo caso, la “battuta” potrebbe non essere riconosciuta come satira, con il rischio di insinuare un sospetto grave e indegno.

Saolini e il finto imprenditore durante il referendum

Nel 2016, in vista del referendum costituzionale, un autore di bufale online si finse imprenditore italiano a Mosca e raccontò una storia “senzazionale”:

Sono Marco Corrosa, Imprenditore, cittadino Italiano. Fuggito in Russia con la mia azienda e i miei dipendenti per non finire schiacciato dalla pressione fiscale Italiana. Qui non abbiamo possibilità di votare per il referendum del 4 Dicembre per “problemi di comunicazione con il consolato”, così Matteo Renzi, si è offerto di pagare lui il rientro in Italia per me e i miei dipendenti, per “Votare Sì” e cambiare questo paese. Non ho mai usato Facebook prima di oggi, ho creato questa pagina solo per far vedere a tutti lo schifo che c’è in Italia. Un abbraccio fratelli, tenete duro.

Il racconto fu accompagnato da una falsa lettera del PD, poi bruciata in video. Molti utenti credettero alla storia, che inquinò il dibattito democratico in un momento cruciale. Era una messa in scena estremamente ingannevole, con una veste documentale falsa e dichiarazioni mai rilasciate da nessuno, difficilmente equiparata alla satira. Anche all’epoca c’era chi contestò il fact-check dei video.

Le possibili conseguenze per gli autori

Pertanto, la satira vera è dichiarata, grottesca, firmata e riconoscibile. Certi contenuti, ingannevoli, pretendono l’uso dell’ironia come scudo che, come avvenuto in passato e tutt’oggi, può venire meno. Prendo esempio dal caso di Ermes Maiolica, autore di numerose bufale tra qui quella del 2017 sull’inesistente arresto di Fedez e J-Ax per possesso di droga, pubblicata su un sito “Rollingstone.live” che poteva trarre in inganno gli utenti. Venne processato, ma la sua unica fortuna è stata la prescrizione nel 2024.

Nel 2015, una falsa citazione venne attribuita a Matteo Salvini: “Al sud non esistono partigiani perché non avevano le palle”. Il blogger che pubblicò tale contenuto ottenne una condanna a 15.000 euro in appello.

Saolini, invece, è stato denunciato da Giorgia Meloni per una foto in cui si spacciava per il suo fidanzato e vantava favori politici per installare antenne 5G senza controlli. A marzo 2025, nel tentativo di chiudere la vicenda, Saolini ha proposto di effettuare una donazione a Telefono Rosa, ma il procedimento pare sia ancora aperto.

Cosa dice la giurisprudenza

In un’ordinanza del marzo 2024 (n. 6960/2024), pubblicata sul sito IlCaso.it e citata nel sito della FNSI, la Corte di Cassazione ha ribadito alcuni punti fondamentali sulla libertà di satira, partendo dal fatto che questa vada tutelata come forma di critica ai sensi dell’art. 21 della Costituzione. Può sottrarsi dall’obbligo di verità, purché miri a riflettere o provocare “l’amaro riso”, come forma di denuncia o dissacrazione. Deve, inoltre, colpire vicende di interesse pubblico e soggetti noti, ma non può ledere valori fondamentali della persona, come la reputazione, il decoro e l’onore, né danneggiare in umiliazione gratuita. Pertanto, la satira può deformare, esagerare, paradossalmente anche mentire, ma solo se la sua finzione è riconoscibile, funzionale e rispettosa della dignità umana. Gli esempi citati in questo articolo, dove si potrebbero considerare accuse sessuali simulate, dove sono presenti screenshot manipolati di siti d’informazione, immagini probabilmente ambigue su un etnia o credo religioso, in questo caso gli ebrei, potrebbero non essere considerati come finalità satirica dichiarata o riconoscibile, con il rischio di un’ambiguità comunicativa che può essere fraintesa o strumentalizzata, con effetti potenzialmente lesivi, soprattutto se letti fuori contesto.

Come ricordato anche dalla Corte di Cassazione in una precedente sentenza (n. 5851/2015), la satira, proprio perché opinabile e soggettiva, è sottratta al parametro della verità, ma solo se rappresenta i fatti in modo apertamente difforme dal reale. Quando invece la rappresentazione appare credibile o verosimile, deve essere valutata secondo il criterio della continenza delle espressioni e della forma utilizzata (immagini, vignette, fotomontaggi). Nessuna tutela può essere riconosciuta, infine, quando la satira degenera in una forma pura di dileggio, disprezzo o distruzione della dignità della persona.

In un’altra sentenza (Cass. pen. sez. I, 5 novembre 2014, n. 5695), la Corte ha stabilito che il diritto di critica può estendersi anche all’uso di toni ironici e satirici, a condizione che vi sia un’argomentazione e un collegamento con fatti concreti, e che non si scivoli in un’aggressione gratuita alla sfera morale dell’individuo. La critica può anche ferire, ma non deve diventare un attacco personale fine a sé stesso, privo di contenuto o di contesto. Quando l’ironia si riduce a scherno o disprezzo, senza alcun legame con fatti rilevanti, non può essere giustificata come satira.

La Corte aveva chiarito (Cass. pen., sez. V, 23 maggio 2013, n. 37706) che, anche quando un contenuto utilizza il linguaggio simbolico e paradossale proprio della satira, questo non può mai violare i valori fondamentali della persona. Quando una figura pubblica viene esposta non solo al ludibrio, ma al disprezzo e alla distruzione della propria dignità, allora viene oltrepassato il limite della continenza. E con esso decade la possibilità di invocare la satira come esimente.

Come ha spiegato la Cassazione (Cass. pen., sez. V, 20 settembre 2011, n. 1740), la vera satira non si limita a colpire una persona reale, ma costruisce una caricatura surreale e riconoscibile, con lo scopo di criticare una categoria sociale, politica o culturale. Quando invece manca una base di realtà che giustifichi la rappresentazione, e il contenuto diventa solo un attacco screditante contro una persona, la satira decade.

In sintesi

La libertà di satira è un diritto fondamentale. Ma non è uno scudo per diffamare, alludere a crimini o falsificare la realtà. Fare ridere o provocare può essere lecito e anche necessario. Ma usare una presunta ironia per manipolare è un’altra cosa. La satira ha senso se ci fa ridere e riflettere, ma se ci spinge a insultare, odiare o infangare, allora non è più satira: diventa una bufala “truccata” per sembrare altro.

Sono intervenuto su questo caso perché un numero imprecisato di persone ha ritenuto credibile quell’immagine, reagendo in modo scomposto e, in diversi casi, con commenti apertamente antisemiti. Parliamo di un contenuto ambiguo che ha ottenuto conseguenze reali. Ho scelto di spiegare, chiarire e documentare ciò che è accaduto, nel tentativo di arginare questo orrore. Se per questo volete incolparmi, mi dichiaro colpevole.