L’omicidio di Charlie Kirk ha scatenato una “tempesta perfetta” sui social. Da un lato ci sono i messaggi di cordoglio sinceri. Dall’altro un fiume di fake news con tributi mai esistiti, donazioni inventate e omaggi attribuiti a celebrità che non hanno mai parlato di lui. In parallelo c’è chi pretende cordoglio universale e accusa di “ipocrisia” chiunque non si unisca. Siamo davanti a un lutto collettivo o a un’operazione di strumentalizzazione politica? La risposta sembra evidente: stiamo assistendo a costruzioni artificiali pensate per trasformare la vittima in un simbolo universale e inattaccabile, in una “martirizzazione digitale” dove la realtà passa in secondo piano rispetto alla narrazione politica.
Il paragone forzato con George Floyd

In molti ambienti conservatori si spinge il confronto con la morte di George Floyd. All’epoca leader politici, sportivi e star espressero realmente omaggi sinceri perché al centro c’era un abuso di potere che denunciava anche il problema legato al razzismo. Il parallelo con Kirk però non regge, siccome nel suo caso non parliamo di ingiustizia istituzionale, mentre il confronto viene forzato sul piano razziale (e molti non vedevano l’ora). Di fatto, “Per Floyd tutti in piazza, per Kirk silenzio” è una tecnica consolidata per alimentare lo scontro culturale.
Il paradosso della libertà di parola

Molti sostenitori di Kirk lo celebrano come paladino della libertà di parola. Poi, paradossalmente, accusano di “ipocrisia” chiunque non esprima cordoglio, dimostrando una contraddizione evidente nella quale rivendicano una libertà per sé stessi negandola agli altri. Inoltre, guai a contestare le idee di Kirk ora che è defunto. Eppure, in base alla libertà di espressione e di cronaca, queste possono essere criticate anche dopo la sua morte senza che questo significhi approvare l’omicidio. Ben diverso, e soprattutto orrendo, è l’atteggiamento di coloro che festeggiano la morte di un uomo. Questo rimane, senza alcun dubbio, un gesto vile e disumano che va assolutamente condannato.
L’uso politico e strumentale del defunto

La vicenda ricorda molto da vicino il film “Weekend con il morto”, la commedia dove due ragazzi continuavano a muovere il corpo del capo defunto per farlo sembrare vivo e sfruttarne l’immagine. Sui social accade qualcosa di simile, ma non ci troviamo affatto in una commedia. L’intera vicenda dimostra una totale mancanza di rispetto sia per la persona sia per la realtà, preferendo una messa in scena che sfrutta il nome di Charlie Kirk per rafforzare una narrazione utile alla classe politica che lui sosteneva, trasformando l’omicidio in uno strumento di mobilitazione e polarizzazione politica.



