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Nota: il titolo precedente era “Il taglio al sostegno in favore di pensionati di guerra ed assimilati, perseguitati politici e razziali c’è stato e va spiegato” ed è stato modificato in “Un ‘taglio’ al sostegno in favore di pensionati di guerra ed assimilati, perseguitati politici e razziali c’è, ma va spiegato” al fine di fornire maggiore chiarezza sul contenuto dell’articolo.
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Questa storia va vista con attenzione e in ordine cronologico per capire cosa è successo. Partiamo dal 28 ottobre 2018 quando Il Fatto Quotidiano pubblica un articolo dal titolo “Dl fisco, altra ‘dimenticanza’ sui patrimoni esteri. Di Maio: ‘Mi incazzo’. Coperture per 590 milioni da tagli a ministeri” dove leggiamo:
Il Tesoro deve fare i conti con 469,7 milioni di minori dotazioni finanziarie, di cui 50 a carico del programma “sostegno a pensionati di guerra e perseguitati politici e razziali”.
[…]
Il più colpito è il Tesoro, che dovrà fare i conti con riduzioni delle dotazioni finanziarie per un totale di 469,7 milioni: il grosso (360 milioni) arriverà da un taglio dei fondi da ripartire, quelli cioè non ancora assegnati, ma verrà anche ridotto di 50 milioni lo stanziamento per il programma sostegno a pensionati di guerra e perseguitati politici e razziali, e di 28 milioni quello relativo alla partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito Ue.
Risulta vero che nell’allegato 1 del Decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, sia riportato il taglio dei fondi per il programma a sostegno a pensionati di guerra e perseguitati politici e razziali per un totale di 50 milioni di euro. Ecco l’immagine che avevo pubblicato sui miei canali social per riportare la dicitura della riduzione presente nel Decreto:
Attraverso questo dato le comunità ebraiche avevano manifestato il loro sgomento a riguardo. La presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei), Noemi Di Segni, aveva inviato una lettera a La Stampa indirizzata al premier Conte, al Ministro Tria e al sottosegretario Giorgetti. A riportare il testo il 29 ottobre non è solo La Stampa, ma a ruota anche Fanpage e altre testate:
Apprendiamo con incredulità che nell’allegato tabellare al Decreto-Legge n. 119/18 si prevede, tra le riduzioni delle dotazioni finanziarie delle spese dei ministeri, anche un importo pari a 50 milioni del «sostegno in favore dei pensionati di guerra e dei perseguitati politici e razziali», che verrebbe quindi eliminato, di cui oggi sono assegnatari, sotto forma di indennizzo, i sopravvissuti alle persecuzioni razziali del regime fascista e i perseguitati politici antifascisti, in base alla L. n. 96 del 1955. Non ci sono ancora chiari la competenza temporale e il computo che sarà fatto, non è questo il cuore del problema che desideriamo condividere, ma rappresentarne il volto morale.
Tutti comprendiamo il difficile momento che vive il nostro Paese e gli impegni economico finanziari che governo e Parlamento, sono chiamati a definire con faticosa definizione di priorità politiche e strategiche ma le priorità, anche quelle che si traducono in numeri per una programmazione fiscale, devono preservare la memoria e la Storia di questo Paese. Storia dell’Italia, di noi tutti. La dignità di un intero Paese che «si desta» dopo la guerra, non può essere umiliata, chinando la testa e distogliendo il vigile sguardo, da un simile provvedimento.
Non riusciamo in alcun modo a comprendere come si possa mai ipotizzare di utilizzare questi fondi per la copertura di altre, pur legittime ma ben diverse, esigenze fiscali del Paese, andando a colpire migliaia di cittadini per lo più molto anziani, che hanno vissuto sulla propria pelle gli orrori della guerra, delle persecuzioni e delle discriminazioni politiche e razziali, persone che hanno visto la propria vita segnata da quella vicenda terribile che ha caratterizzato in modo indelebile il Novecento con l’occupazione nazifascista, a partire dai provvedimenti del ’38 e con la successiva deportazione nei campi di sterminio.
Restiamo sgomenti dinanzi a questa decretazione indifferente con la quale il governo italiano, proprio nell’ottantesimo anniversario delle leggi razziste del 1938, intende promuovere l’oblio, anziché rafforzare la memoria di quanto accaduto, attraverso la cancellazione di quell’unica misura in qualche modo riparatoria, stabilita tardivamente. Ancora oggi, con fatica e assurde prove richieste ai sopravvissuti, viene spesso negata o contestata chiedendone in alcuni casi persino l’intero rimborso. Il nostro impegno in supporto a queste fragili situazioni e dinanzi agli innumerevoli passaggi burocratici, era di chiarire una volta e per sempre che se un re, governo e Parlamento hanno emanato dei decreti legge questi già erano efficaci e si sono eseguiti con capillarità in tutte le situazioni ivi previste e che la richiesta di prove documentali ed evidenza dell’atto persecutorio ad personam, era non solo quasi impossibile nella perdita di ogni avere, ma era già ulteriore offesa in un Paese che nel dopoguerra cercava di affermarsi per i valori della vita e della liberazione.
Non abbiamo neanche il coraggio di informarne i sopravvissuti, di quanto sta accadendo, che con infinito coraggio affrontano nei loro nuclei famigliari, dinanzi a studenti e insegnanti l’impegno di raccontare gli orrori della Shoah, narrando l’inenarrabile, e dover leggere nei loro occhi il senso di desolazione e abbandono.
Quale ente che rappresenta tutti gli ebrei italiani non possiamo che invitare governo e Parlamento a riconsiderare la scelta fatta e valutare ogni possibile rimedio amministrativo, legislativo o emendativo al fine di giungere ad una soluzione che non intacchi il lungo percorso fatto in questi ultimi 75 anni di ricostruzione del Paese, permettendo così a chi ha vissuto quel buio periodo della storia e a chi ha subito persecuzioni per difendere i valori oggi sanciti nella nostra Costituzione, di continuare, per ancora una manciata di anni, di poter vivere, o meglio, sopravvivere.
A seguito di quella lettera le principali testate giornalistiche italiane, partendo da La Stampa per poi finire su Corriere e Il Fatto:
Il decreto fiscale spazza via il sostegno dello Stato per perseguitati politici e razziali, oltre che per i pensionati di guerra. Un taglio da 50 milioni al Fondo istituito al ministero dell’Economia, con effetto immediato. E così, a ottant’anni esatti dalle leggi razziali, la maggioranza gialloverde taglia gli assegni previsti fin dal 1955 per chi aveva subito la persecuzione fascista perché di religione ebraica o per le idee politiche. Assegni di modesta entità, circa 500 euro al mese, destinati a persone nate prima del 1945, dunque sopra i 70 anni. Si tratta di alcune migliaia di cittadini, che rischiano di non vedere già gli assegni di novembre e dicembre. Persone che hanno avuto diritto a questo vitalizio come “gesto riparatore” per aver perso il lavoro o il diritto di andare a scuola dopo il 1938, o perché costretti a fuggire all’estero.
La risposta all’Ucei è giunta sia dal Governo che dal Quirinale, come riporta il magazine della Comunità ebraica di Roma “Shalom“:
Rassicurazioni dal Quirinale e dal Governo sono pervenute all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane riguardo al timore che il decreto fiscale prevedesse il taglio del fondo pensioni destinato alle vittime delle leggi razziste e ai perseguitati dal fascismo. Secondo gli aggiornamenti ricevuti e accolti con sollievo dall’Ucei – si legge in una nota ricevuta dall’ANSA – gli importi cancellati nel provvedimento fiscale fanno riferimento ad avanzi di bilancio derivanti dalla normale diminuzione del numero degli assistiti. Tali importi vengono così rimessi a disposizione del bilancio generale dello Stato. L’Unione delle Comunità ebraiche italiane prende atto di tali opportune precisazioni e prosegue nel proprio impegno per semplificare la procedura prevista oggi dalla legge e per la risoluzione dei casi tuttora pendenti e in attesa di riconoscimento di benemerenza dai perseguitati. La giustizia nei confronti di coloro che ebbero a soffrire delle persecuzioni – si sottolinea nella nota – deve restare un cardine del nostro ordinamento e della nostra democrazia e il miglior modo di onorare una Memoria viva e consapevole.
Il viceministro Laura Castelli pubblica in seguito un post Facebook dove etichetta come “fake news” la vicenda:
BASTA MENZOGNE! NON CANCELLIAMO NESSUN ASSEGNO PER LE VITTIME DELLE LEGGI RAZZIALI.
Ancora una notizia falsa pubblicata da La Stampa e ripresa da altri quotidiani! Si tratta della presunta cancellazione dell’assegno pensionistico destinato alle vittime delle leggi razziali. Smentisco in modo categorico: non verrà tolto un solo euro dall’assegno per le vittime delle leggi razziali e per i perseguitati dal fascismo per motivi politici! Il fondo per le pensioni c’è ed è capiente per tutto il 2019. Tutti i beneficiari riceveranno l’intero assegno.
È molto grave che un quotidiano nazionale come La Stampa, poi seguito da altri quotidiani come il Corriere della Sera, abbia pubblicato una fake news di questa portata. Oltretutto perché la vicenda riguarda una questione delicata e sensibile quale quella delle vittime della persecuzione. Si tratta dell’ennesima squallida menzogna e mi dispiace che ad essere coinvolte in questo clamoroso errore, loro malgrado, siano persone a cui va tutto il mio sostegno e la mia comprensione.
La stampa in questo paese è ormai giunta al punto di utilizzare anche la tragedia delle vittime delle leggi razziali per attaccare il Governo. Gli esponenti delle opposizioni che hanno rilanciato queste falsità, come l’onorevole Fiano, dovrebbero vergognarsi e chiedere scusa. Pur di attaccare questo Governo con ogni mezzo si arrivano a fabbricare e cavalcare vere e proprie fake news, senza che vi sia la benché minima accortezza giornalistica di verificare i fatti. È triste constatare ogni giorno di più la totale perdita di credibilità a cui è giunta la stampa in questo paese. Mi auguro che quanto prima giungano scuse pubbliche e che si dia risalto alla verità.
Un’informazione malata mina la democrazia di un paese.
MoVimento 5 Stelle
Il problema nel post Facebook della Castelli è che non viene spiegato affatto che nel decreto c’è veramente una riduzione e non spiega il motivo agli elettori e chi li contesta, causando di conseguenza una serie di accuse contro di lei nell’aver diffuso una “fake news” a sua volta.
Il MEF, oltre all’Ucei, spiega con il comunicato stampa 170 (PDF) ciò che non viene riportato dalla Castelli:
Comunicato Stampa N° 170 del 29/10/2018
Nessuna riduzione delle pensioni di guerra, né dei vitalizi ai perseguitati politici e razziali. I titolari degli assegni non subiranno alcuna decurtazione. Quanto riportato da alcuni organi di stampa è pertanto privo di fondamento.
Il decreto-legge n.119 del 23 ottobre 2018 (conosciuto come ‘decreto fiscale’) ha semplicemente operato un allineamento dello stanziamento in bilancio alla effettiva erogazione delle risorse in base ai diritti soggettivi degli interessati. Ma non sono state introdotte misure che limitano il beneficio o i requisiti di accesso.
All’interno del Decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, così come all’interno dell’allegato 1, non c’è alcuna spiegazione utile per comprendere il perché di quel taglio, risulta pertanto comprensibile che l’Ucei abbia commentato in tal modo la decisione del Governo chiedendo un ripensamento. Al massimo viene riportato quanto segue all’articolo 26 “Disposizioni finanziarie“, punto 3 lettera “a“, dove si comprende che i tagli posti all’allegato 1 servono per la manovra stessa:
a) quanto a 589.305.117 euro per l’anno 2018, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 818.805.117 euro per l’anno 2018 e a 20.500.000 euro per l’anno 2019, mediante riduzione delle dotazioni di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri come indicate nell’elenco 1 allegato al presente decreto. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibili le suddette somme. Entro venti giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, su proposta dei Ministri competenti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, gli accantonamenti di spesa possono essere rimodulati nell’ambito dei pertinenti stati di previsione della spesa, fermo restando il conseguimento dei risparmi di spesa realizzati in termini di indebitamento netto della pubblica amministrazione. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui.
In tutto questo, tra testate che riportano una riduzione esistente e riportata nel documento ufficiale (Gazzetta Ufficiale, non un siterello qualunque), lettere delle rappresentanze interessate (la presidente dell’Ucei e Anvcg) e gli articoli delle testate giornalistiche sulla base degli elementi in possesso (chissà se avevano chiesto lumi ai ministeri competenti di domenica sera) non c’era altro da fare che attendere una spiegazione ufficiale da parte del Governo che è arrivata da diversi canali e in maniera diversa causando ulteriore confusione sul caso agli occhi dei cittadini.
Piccolo P.s.: trovo alquanto curioso che molti non si siano resi conto che una volta cambiato il Governo le “fonti ufficiali” siano diventati “non attendibili” e viceversa per chi invece in passato sosteneva la stessa tesi.
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