La vicenda del decreto legge sulla Pace Fiscale e la presunta “manina”

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Secondo Luigi Di Maio il decreto legge sulla “Pace fiscale” è stato manipolato. Il Vicepresidente del Consiglio, Ministro dello Sviluppo Economico e Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, lo ha dichiarato durante la diretta TV del programma “Porta a Porta” di Bruno Vespa del 17 ottobre 2018, annunciando persino denuncia presso la Procura della Repubblica.

A scatenare le ire del Movimento 5 Stelle sarebbe una bozza del decreto che mai è stata inviata ufficialmente al Quirinale e che sarebbe circolata tra i ministri e i media. Ci sono tanti punti da tenere in considerazione per spiegare quanto accaduto, come ad esempio le consuetudini istituzionali e cosa comporta questo episodio per i pentastellati.

 

La vicenda da Porta a Porta a W L’Italia

Lo stesso giorno, alle ore 20:39, nella pagina Facebook di Luigi Di Maio viene pubblicato il seguente post:

+++ È accaduto un fatto gravissimo! Il testo sulla pace fiscale che è arrivato al Quirinale è stato manipolato. Nel testo trasmesso alla presidenza della Repubblica, ma non accordato dal Consiglio dei Ministri, c’è sia lo scudo fiscale sia la non punibilità per chi evade. Noi del MoVimento 5 Stelle in Parlamento non lo votiamo questo testo se arriva così. Questa parte deve essere tolta. Non ho mai detto che si volevano aiutare i capitali mafiosi. Non so se una manina politica o una manina tecnica, in ogni caso domattina si deposita subito una denuncia alla Procura della Repubblica perchè non è possibile che vada al Quirinale un testo manipolato! +++

Di Maio fa riferimento all’articolo 9 e al punto 9 dello stesso dove si esclude “la punibilità delle condotte previste dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale, commesse in relazione ai delitti di cui alla lettera a)“, due reati relativi al tema del riciclaggio e autoriciclaggio. Il Ministro afferma che il testo sarebbe arrivato al Quirinale, ma questo risponde in un tweet negando tutto:

In riferimento a numerose richieste da parte degli organi di stampa, l’ufficio stampa della Presidenza della Repubblica precisa che il testo del decreto legge in materia #fiscale per la firma del Presidente della Repubblica non è ancora pervenuto al #Quirinale

Vespa, in diretta, annuncia a Di Maio la smentita del Quirinale. Ecco il dialogo tra i due:

Vespa:Comunque, guardi, dal Quirinale ci fanno sapere che non è arrivato nessun testo. [Di Maio annuisce] E dove sta sto testo?

Di Maio:Ah, vediamo eh, si è perso per strada [ride]

Vespa:Ma a lei risultava che fosse arrivato al Quirinale.”

Di Maio:Allora, noi sappiamo benissimo che il testo che è stato inviato li è un testo che in questo momento ha dentro delle norme che noi non condividiamo.”

Vespa:Che è stato inviato li, ma è per strada? Sarà fermato nel traffico, perché il Quirinale non lo ha ricevuto, lei dice che è stato spedito…

Di Maio:Io sono venuto qui a denunciare questa cosa non appena l’abbiamo conosciuta, non appena ne siamo venuti a conoscenza. Questo è quello che abbiamo fatto.

[…]

Vespa:Lei ha detto che questo era stato mandato al Quirinale, quindi qualcuno deve averle detto che era stato mandato al Quirinale.”

Di Maio:Certo.”

Vespa: Il Quirinale dice ‘non ci è arrivato nessun testo’.

Di Maio:Va bene, allora questo sicuramente rappresenta comunque il testo che è uscito come Decreto fiscale da Palazzo Chigi. Adesso verifichiamo che cosa è successo nelle prossime ore.

Il Viceministro dell’Economia, il leghista Massimo Garavaglia, in un’intervista video del 18 ottobre 2018 dichiara che tutti i presenti al Consiglio dei Ministri erano a conoscenza del testo contenente quell’articolo e il suo contenuto:

Marco Billeci:Lei lo sapeva che queste norme c’erano, no, nel decreto? O era…

Massimo Garavaglia:È evidente, ma tutti lo sapevano.

Di Maio durante il programma “W L’Italia” su Rete4, in onda il 18 ottobre 2018, non risponde alla domanda “ha scoperto di chi è quella manina?” del conduttore Gerardo Greco e preferisce parlare della contrarietà del M5S nei confronti di quel punto presente nel testo da lui contestato. Afferma, invece, che quello che lui aveva visto era una bozza del decreto:

Io le dico a questo punto Greco, stasera, che il problema è politico. Cioè, non c’è più il tema del testo perché le spiego un attimo come sono andati gli ultimi quattro-cinque giorni. C’era una bozza di decreto fiscale che aveva la dichiarazione integrativa speciale dentro.

In seguito a questa dichiarazione da Greco, ci sono diversi punti da tenere in considerazione su questa vicenda, partendo nuovamente dalla trasmissione Porta a Porta e le domande di Bruno Vespa.

 

Le importanti domande di Vespa a Di Maio

Vespa rivolge a Di Maio una serie di domande specifiche, probabilmente per cercare di capire se sono stati rispettati certi passaggi.

La prima arriva al minuto 5:19 per comprendere le tempistiche:

Bruno Vespa:Lei a che ora si è accorto di questo?

Luigi Di Maio:L’ho scoperto oggi perché i ministri stavano rivedendo una bozza che circolava, perché lei poi sa che in questi meccanismi circolano bozze e nelle bozze usciva fuori una informazione che era quella che io sto denunciando stasera ed è per questo che poi siamo andati a verificare e il testo conteneva questi punti.

Al minuto 5:54 domanda se il testo è tornato presso il Ministero dell’Economia:

Bruno Vespa:Al Quirinale non ce l’ho portato io, quindi ce lo ha portato qualcuno del Governo, va bene? Perfetto. Questo testo le risulta che sia tornato al Ministero dell’Economia?

Luigi Di Maio:No no, a me non risulta tutto questo.”

Al minuto 6:37 Vespa fa un’altra domanda importante:

Bruno Vespa:Ma lei in queste ore è riuscito a capire da quale ufficio andava al Quirinale?

Luigi Di Maio:No perché sono ore… questa notizia mi è arrivata una ora e mezza fa.

Dunque, l’unica prova certa in possesso da Di Maio era una bozza che circolava tra i Ministri.

 

Il Decreto legge e le consuetudini istituzionali

Luigi Di Maio sosteneva con sicurezza che il testo che aveva mostrato in diretta televisiva era stato trasmesso al Quirinale, ma non sa da dove.

Risulta come prassi nei rapporti tra Istituzioni (Consiglio dei Ministri, Presidenza del Consiglio e la Presidenza della Repubblica) che il testo venga trasmesso al Presidente della Repubblica dopo essere stato confermato dal Presidente del Consiglio, in questo caso da Giuseppe Conte. Infatti, nel recente passato ci sono stati due contestazioni in cui venivano ricordati i passi che portano un decreto legge al Quirinale, nel 2010 con Berlusconi e nel 2015 con Renzi. Ecco la spiegazione riportata nel maggio 2010:

Consuetudine vuole infatti che i provvedimenti giungano ufficialmente all’esame del Capo dello Stato solo dopo il sigillo della presidenza del Consiglio e non il contrario.

Ad oggi Giuseppe Conte non ha dichiarato di aver posto la sua firma alla Decreto legge che sarebbe stato inviato al Quirinale, ma il 18 ottobre 2018 informa da Bruxelles di voler controllare il testo prima di inviarlo:

“Nessuna frattura. Controllerò il testo dell’articolo e sarà inviato”, ha ribadito stamani Conte.

Non solo, secondo “Fonti di Palazzo Chigi” (come riporta Rainews) il Presidente del Consiglio avrebbe bloccato l’invio ufficiale del testo al Quirinale, confermando ulteriormente che al Colle non è stato inviato alcun documento ufficiale.

Tutto ciò ci porta a comprendere ulteriormente che la polemica sul caso “manina” si basi su una bozza che circolava tra i Ministri, ma anche tra le testate giornalistiche a partire dal 17 ottobre.

In merito al decreto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, anche in seguito allo scontro tra i due partiti di Governo Lega e M5S, propone un Consiglio dei Ministri da tenersi prima venerdì 19, poi sabato 20:

 

La bozza che circolava e il testo di Di Maio

Il Consiglio dei Ministri si era tenuto il 15 ottobre 2018 e fino ad allora circolava una bozza del 13 ottobre (PDF) molto diversa da quella successivamente contestata. Il giorno dopo era stato diffuso un file PDF dal titolo “Schema di decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziria e per esigenze indifferibili” (non ho scritto male, c’è scritto proprio “finanziria“) datato 16 ottobre 2018 alle ore 10:30. Lo troviamo pubblicato, ad esempio, da Quotidiano.net e caricato sul sito il 17 ottobre alle ore 14:31:02 GMT:

Il file “DL FISCALE POST CDM.pdf”

Osservando bene e confrontando il file con il documento mostrato da Luigi Di Maio a “Porta a Porta” si potrebbe sostenere che sia lo stesso. La pagina 17 del PDF si conclude con l’inizio dell’articolo 9 e con le parole “della Repubblica 22“:

La pagina 17 del PDF si conclude proprio con le parole “della Repubblica 22” come nel testo mostrato da Di Maio.

Le somiglianze si ripetono poco dopo con le pagine 19 e 20 del PDF, dove la pagina 19 si conclude con il punto “a) è esclusa la punibilità per i delitti di cui agli articoli [2, 3,] 4, 10-bis e 10-ter del“:

La pagina 19 del documento

Ciò confermerebbe ulteriormente che il documento mostrato da Di Maio era la bozza che circolava quel giorno e non un documento ufficiale inviato al Quirinale.

 

I metadata della bozza che circolava

Adesso un po’ di dati relativi ai file che circolavano. Lo stesso PDF caricato da Quotidiano.net venne caricato anche sul sito Agricolae.eu e ancor prima su Policymakermag.it (13:16:03 GMT). Il file risulta essere sempre lo stesso, creato il 17 ottobre (alle 14:05:12 GMT) cambiando solo il nome (“DL FISCALE POST CDM.pdf“, “DL-FISCALE-POST-CDM.pdf” e “DL-Fisco.pdf“) come possiamo vedere dai metadata di ognuno di loro:

I dati dei tre file (123). Nota: la data evidenziata in giallo è la data del download dei file sul mio PC dai rispettivi siti, unico modo per poi darlo in pasto al sito Get-metadata.com per fornirvi i metadata in esso contenuti.

Tutto ciò fa pensare che il file diffuso ai media possa essere lo stesso, a meno che uno dei siti non abbia prelevato il file dagli altri. Ho chiesto ad alcuni giornalisti di alcune testate se hanno ricevuto il file da qualche fonte parlamentare o del Governo, senza ottenere risposta positiva.

 

Dino Giarrusso e il caso Renzi

Il 18 ottobre alle ore 8:39 l’ex Iena Dino Giarrusso, candidato al Parlamento tra le file del M5S e attualmente dipendente presso il MIUR, pubblica il seguente post Facebook:

Se vi sembra incredibile che qualcuno parli di una “manina” che inserisce in un decreto norme favorevoli ad evasori facendo imbufalire il leader di una coalizione di governo, siete smemorati.

Qui Gad Lerner commenta di quando questa cosa successe a Renzi, che oggi strepita perché a chi è oggi al governo accade proprio ciò che accadde a lui. Lerner riprende Renzi che parlava proprio di “MANINA NASCOSTA”, abile ad inserire un condono senza che il leader sappia nulla.

Naturalmente immagino che nessuno di voi fiscalisti, allora, abbia scritto mezza riga a proposito, e vi invito a paragonare come la notizia fu trattata allora dalla stampa mainstream, e come viene trattata oggi.

Il pentastellato condivide un articolo del 5 gennaio 2015 pubblicato dal sito di Gad Lerner, ma non racconta tutto anche perché quel giorno di oltre 3 anni fa non si era a conoscenza di tutti i fatti, contrariamente al 18 ottobre 2018. Si parlava dell’articolo 19 bis del decreto fiscale definito “salva-Berlusconi” (si, c’era grande polemica a riguardo quella volta), ma fu lo stesso Matteo Renzi a spiegare in seguito di chi fu quella “manina” che allora inserì quel testo tanto contestato: la sua come Presidente del Consiglio. L’ammissione di colpa venne riportata su Repubblica il 7 gennaio 2015 che lui stesso confermò ulteriormente a La7 il 9 gennaio:

In un articolo del 5 gennaio 2015 de Il Secolo XIX leggiamo:

Roma – Nessun fantasma, o altre ectoplasmiche suggestioni. Si conosce nome, cognome della mano che ha firmato il codicillo, l’ormai stranoto articolo 19 bis, del decreto legislativo sul Fisco che avrebbe aiutato a resuscitare Silvio Berlusconi. La firma politica è di Matteo Renzi, quella materiale invece sarebbe di Antonella Manzione, la zarina di Palazzo Chigi, la vigilessa avellinese che comandava gli agenti a Firenze e che l’ex sindaco ha voluto a capo dell’ufficio legislativo della presidenza del Consiglio.

La storia relativa alla “manina” di Renzi è molto diversa rispetto al caso scatenato in diretta televisiva da Di Maio in questi giorni. I media trattarono l’argomento, non trovo annunci di denunce in Procura.

 

Il sempre curioso copia incolla

Le parti del testo contestato sembrano essere dei copia incolla di un altro pubblicato da siti come Studioassociatoghiglione.itAvvocati-imperia.it, dove nel primo si parla del decreto legge 22/10/2016 n.193 e nel secondo dei decreti legislativi 10/3/2000 n.74 e 24/9/2015 n.158:

Il documento del 2015 e quello del DL 2018 a confronto

Nella parte evidenziata in giallo c’è una data che cambia, dal novembre 2015 al settembre 2019.

Questo elemento non dimostra presunte “manomissioni“, ma una semplice curiosità che fa pensare come certi contenuti potrebbero essere veramente “copia incollati” da una “manina” per pigrizia o per essere certi di prendere un precedente contenuto corretto e “funzionante“.

 

Conclusioni

A quanto pare, tenendo conto di tutti gli elementi messi sul tavolo, la polemica sarebbe nata sulla base di una bozza e un decreto legge mai inviato ufficialmente da Palazzo Chigi al Quirinale. Per assurdo potremmo pensare che lo Staff di Di Maio abbia saputo che al Quirinale qualche tecnico abbia letto la bozza circolata online dai quotidiani e ne abbia discusso con qualcuno di loro, o che la stessa bozza sia pervenuta in via informale per ricevere un parere prima dell’invio ufficiale. Alla fine, il problema legato all’articolo 9 resterebbe per il Movimento 5 Stelle che dovrà discuterne al prossimo Consiglio dei Ministri.

Nel mondo della fanta-politica si potrebbe pensare di tutto, ma proviamo a vedere quattro fanta-scenari:

  1. un tentativo del Movimento 5 Stelle di cercare di strozzare la bozza uscita Consiglio dei Ministri attraverso l’uso dei media (partendo da Rai1 in diretta televisiva) in mancanza di accordi politici interni allo stesso Governo;
  2. una mancata lettura attenta del testo uscito dal CDM che circolerebbe da martedì 16 mattina e scoperto solo mercoledì sera, qualche ora prima dell’appuntamento con Vespa;
  3. un’azione di propaganda del M5S, contestato per il condono presente comunque nel decreto, per dimostrare agli italiani di essere sempre e comunque onesti, dalla parte di chi viene colpito da Equitalia e non da chi delinque;
  4. una vera e propria “manina” intervenuta durante la stesura della bozza il 16 mattina.

Nel primo caso ci sarebbe un grosso problema interno alla maggioranza, nel secondo ci sarebbe una dimostrata incapacità nell’approvazione dei contenuti concordati in CDM, nel terzo una forzatura ulteriore rispetto a quello che rimane un condono anche per le “piccole somme“. Nel quarto ci sarebbe un problema interno da risolvere per questa maggioranza, oltre ad una mancanza di fiducia tra le parti e i propri collaboratori, ma dovendo passare ancora per le mani della Presidenza del Consiglio il testo poteva tornare nuovamente al Consiglio dei Ministri o poteva essere modificato dallo stesso Conte, un po’ in stile Renzi.

In tutto questo, tuttavia, a uscirne vincitore non è il Movimento 5 Stelle che viene contestato anche dagli alleati della Lega (che in merito alla storia ridono di fronte alle telecamere).

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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