Come fare propaganda su una causa persa scavalcando le responsabilità

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[Aggiornamento a fine articolo]

Alcuni cittadini, legati al M5S, avevano sollevato presso il Tribunale Civile di Milano la questione di incandidabilità del sindaco eletto Beppe Sala. Fin qui tutto legittimo, qualunque cittadino può in coscienza e conoscenza denunciare una presunta illegalità presso le autorità competenti, lo dico spesso anche io nei miei articoli: se avete le prove riguardo un torto che avete subito potete denunciare chi vi ha danneggiato!

Il problema sorge quando la magistratura, in seguito alle dovute analisi del caso, rigetti le accuse e dichiari che l’attuale sindaco di Milano era candidabile ed eleggibile. Vi furono due ricorsi, il Tribunale Civile di Milano li ha trattati entrambi:

Il ricorso presentato da Giorgio Giovanni Conte sosteneva la mancanza di idoneità di Sala a candidarsi poiché il suo incarico di commissario unico di Expo 2015 non era “tempestivamente ed effettivamente cessato”: i giudici, invece, hanno ritenuto “del tutto valida ed effettiva la dimissione della carica avvenuta con atto del 15 gennaio 2016” e cioè “ben prima della presentazione della candidatura”. “Va quindi esclusa “la sussistenza di una ineleggibilità di Sala ricollegabile alla sua carica di commissario straordinario”.

I ricorrenti sostenevano che Sala non avrebbe dovuto firmare il bilancio Expo, perchè il suo incarico era già cessato: il tribunale ha invece stabilito che quella firma era “un’attività dovuta che per disposizione di legge l’amministratore cessato non avrebbe potuto che redigere personalmente e la cui mancanza avrebbe potuto costituire motivo di espressa censura”. Questi atti contabili – è la tesi del Tribunale che ha accolto la linea degli avvocati di sala, Carlo Cerami e Ada Lucia De Cesaris – “costituiscono espressione di un’attività meramente ricognitiva interna e descrittiva di quanto compiuto nell’annualità 2015, privi di qualsiasi oggetto ‘gestionale’ esterno che è proprio ciò che le norme in tema di ineleggibilità mirano a prevenire perchè potenzialmente incisive sulla competizione elettorale ed in grado di turbarne lo svolgimento”.

L’altro ricorso è stato respinto, invece, per un aspetto formale: i cittadini, secondo i giudici della Prima sezione penale presieduta da Paola Gandolfi, non hanno dimostrato al Tribunale di essere elettori del Comune di Milano. Per questo, il loro ricorso è stato dichiarato “inammissibile” dal Tribunale civile di Milano. In sostanza, viene spiegato nel provvedimento, i legali dei ricorrenti avevano “l’onere” di “dimostrare o quantomeno fornire gli elementi idonei” a dimostrare di essere iscritti nel registro elettorale.

I denuncianti sono stati condannati a risarcire le spese legali sostenute dal Comune di Milano e dallo stesso sindaco Sala. È assolutamente normale, in un procedimento del genere, che le spese debbano essere pagate dalla parte soccombente (salvo la presenza di gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere motivate). Ecco cosa riporta inizialmente l’articolo 91 del Codice di procedura civile (potete leggerlo per intero se volete qui):

Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa.

Il 10 aprile 2017 il deputato del M5S Manlio Di Stefano pubblica il seguente post Facebook con un messaggio molto chiaro (notate il maiuscolo):

ABBIAMO BISOGNO DEL VOSTRO AIUTO
Un gruppo di cittadini si ritrova a dover pagare un debito sorto solo per la loro volontà di tutelare un interesse comune.
Ecco cosa è successo: dopo le amministrative dello scorso giugno, quattro concittadini milanesi hanno deciso di intraprendere un’azione popolare contro Sala e il Comune per accertare la legittimità dell’elezione del sindaco, visti gli incarichi precedentemente assunti in Expo e la loro presunta incompatibilità con la candidatura a primo cittadino della città.
Il TRIBUNALE di Milano – ritenuta legittima l’elezione e non ammissibile il ricorso – ha condannato questi quattro cittadini a pagare 20.000 euro di spese legali.
Il comune ha già chiesto il pagamento, il sindaco non ancora.
Non entriamo, OVVIAMENTE, nel merito della pronuncia ma crediamo che i cittadini debbano essere liberi di rivolgersi alla magistratura per accertare la legittimità di decisioni di interesse comune senza rischiare per questo di essere condannati a pagare decine di migliaia di euro.
Per questo riteniamo quindi che sia giusto aiutare questi cittadini a estinguere il debito.
Chiediamo a tutti voi di contribuire con una donazione, perché pensiamo che anche questo significhi essere comunità!
Questo è l’iban che potete usare per contribuire:
IT82U0359901899050188535187 intestato a Francesco Maria Forcolini.
Ovviamente vi terremo costantemente informati sugli sviluppi della raccolta. Grazie a tutti!

In primo luogo bisogna capire a chi si rivolge il deputato citando “quattro cittadini milanesi“, per caso sono gli stessi che il Tribunale Civile ha dichiarato che “non hanno dimostrato al Tribunale di essere elettori del Comune di Milano“? Attenzione, si parla di dimostrare e non che siano oppure no cittadini milanesi:

L’altro ricorso è stato respinto, invece, per un aspetto formale: i cittadini, secondo i giudici della Prima sezione penale presieduta da Paola Gandolfi, non hanno dimostrato al Tribunale di essere elettori del Comune di Milano. Per questo, il loro ricorso è stato dichiarato “inammissibile” dal Tribunale civile di Milano. In sostanza, viene spiegato nel provvedimento, i legali dei ricorrenti avevano “l’onere” di “dimostrare o quantomeno fornire gli elementi idonei” a dimostrare di essere iscritti nel registro elettorale.

Sarebbe meglio chiarire questo punto, anche nei confronti degli stessi cittadini in questione (uno dei quali si lamenta di “fake news”), ma “ovviamente” (lo scrive lui nel suo post) non entrano nel merito della pronuncia.

Giusto ricordare che lo stesso Manlio Di Stefano cavalcò le accuse contro Giuseppe Sala, come possiamo vedere in un articolo del suo Blog dal titolo “Incredibile a Milano: Sala non è candidabile” e datato 11 maggio 2016 (prima delle elezioni milanesi), a sostegno del candidato del M5S:

Da quanto emerge da una inchiesta di Panorama, il candidato sindaco del PD Giuseppe Sala non avrebbe le carte in regola per candidarsi.
Infatti, dopo aver dimenticato di dichiarare le sue proprietà immobiliari all’estero e alcuni investimenti in Romania in fase di accettazione dell’incarico in Expo, ora si scopre aver dimenticato persino le sue dimissioni da commissario di Expo2015 cosa che, di fatto, lo rende incandidabile in quanto incarico politico incompatibile con la candidatura.
Sala sostiene di aver inviato le dimissioni dal Consiglio d’Amministrazione di Expo ma, questo, non lo fa decadere anche da commissario in quanto nomina diretta per decreto.
Per rinunciare all’incarico commissariale serve un “atto di pari efficacia costituzionale” rispetto a quello d’incarico: poiché Sala è stato nominato da un decreto del presidente del Consiglio, un altro decreto avrebbe dovuto notificare l’accettazione delle dimissioni ma, ad oggi, nessuno ha trovato traccia di questo decreto.
Questa situazione, comunque vada a finire, dimostra l’incapacità a dire il vero del candidato piddino visto che, il 28 ottobre 2015, ancora pienamente attivo nel suo ruolo di commissario governativo, ha firmato una “Dichiarazione ufficiale” per l’accettazione della nomina a consigliere d’amministrazione della Cassa depositi e prestiti, società pubblica, dove nega di trovarsi nelle “cause di incompatibilità” previste dalla legge.
Ancora una volta il candidato sindaco del centrosinistra ha dichiarato il falso in un atto pubblico.
Noi vogliamo vederci chiaro, per questo stiamo predisponendo un accesso agli atti al comune di Milano e a Palazzo Chigi e, se Sala non farà chiarezza subito, faremo ricorso al TAR.
I cittadini milanesi, comunque vada questa cosa, si rendano conto di non avere che due scelte: da una parte dei mentitori seriali pronti a schiacciarli per altri 5 anni, dall’altra un movimento politico trasparente e centrato sul benessere collettivo ovvero il M5S col suo candidato sindaco Gianluca Corrado.

Il ricorso al TAR è stato fatto, ma anche quello bocciò il ricorso ritenendolo inammissibile:

Nella motivazione della sentenza il tribunale amministrativo regionale sostiene che il ricorso grillino è stato giudicato inammissibile perché non spetta al Tar decidere sulla incandidabilità in questo caso di Mr Expo, ma resta aperto il tema della sua eventuale ineleggibilità.

Per ironia della sorte, si potrebbe pensare che il M5S ha cavalcato quella che per qualcuno potrebbe essere definita come “fake news” di Panorama e ora ne pagano le conseguenze. Il titolo dell’articolo di Manlio Di Stefano e l’immagine accompagnata dicono però in modo chiaro che Sala “non è candidabile” , fornendo tale accusa come ottima comunicazione politica da far diffondere agli attivisti in campagna elettorale.

Ora e di fatto lo stesso deputato chiede ai cittadini di prendersi carico del debito, con la scusa dell’essere “comunità“. Risulta facile (come piace fare a qualcuno) pensarla in questo modo: la somma da risarcire è di 20 mila euro, diviso per il solo numero degli attuali parlamentari del M5S (91 deputati e 35 senatori), escludendo i consiglieri comunali milanesi che sarebbero i principali interessati, sarebbero circa 160 euro per ognuno di loro. Insomma, “spiccioli” direbbe qualcuno di fronte ai “3000 euro al mese” di stipendio parlamentare tanto sbandierato.

Guardiamo ora l’immagine, che presenta nello sfondo lo stesso Sala:

Nello sfondo il Sindaco di Milano Sala.

Certamente, questo tipo di comunicazione aiuta nella raccolta fondi perché attira gli attivisti e simpatizzanti del Movimento che sono contro di lui, ma ciò non è un fattore positivo per colui che è stato assolto dalle accuse, soprattutto se il suo sguardo è rivolto verso le dorate monete. Persuasiva, non c’è che dire.

Ripeto, è giusto che un cittadino possa denunciare probabili illegalità e chieda formalmente alle autorità competenti di verificarne i fatti, ma deve prendersene anche le responsabilità, indipendentemente se queste azioni vadano “nell’interesse comune“. Chiunque, a questo punto, potrebbe pretendere di denunciare un Sindaco (magari Virginia Raggi, ad esempio) con la pretesa di farlo “nell’interesse comune” e di non dover risarcire il Comune e lo stesso sindaco. Questo post, a tal ragione, non lo ritengo affatto educativo nell’ambito del senso civico e potrebbe scatenare azioni simili (anche contro lo stesso M5S).

Si, questa attività può risultare dannosa anche per lo stesso M5S, ma allo stesso tempo potrebbe portare a rafforzare il disprezzo verso la parte politica avversa.

 

AGGIORNAMENTO

Mi viene segnalato un PDF pubblicato dal sito 5stellemilano.it contenente un documento dell’avvocatura comunale datato 6 aprile 2016:

Egregio Avvocato,

con riferimento al giudizio in oggetto […] si invitano i Suoi assistiti a provvedere al pagamento delle spese processuali liquidate in favore del Comune di Milano in euro 7.254,00, oltre al rimborso delle spese generali ex D.M. n.55/2014, nella misura del 15%, pari ad euro 1.088,10, ed agli oneri riflessi nella misura del 24,50%, pari ad euro 1.1777,23.

L’importo di euro 10.119,33 dovrà essere corrisposto, entro venti giorni dalla data di ricevimento della presente, […]

Questa sarebbe la richiesta di pagamento da parte del Comune di Milano, mentre come dice Di Stefano manca ancora quella di Sala. La domanda sorge spontanea: perché chiedere 20 mila? In maniera preventiva in attesa che si faccia avanti Sala? O ci sono anche le spese sostenute dagli attivisti per denunciare?

Un’altra nota riguarda il post di Manlio Di Stefano, che non è altro che un copia incolla (immagine compresa) dell’articolo del 9 aprile 2017 (giorno prima del post) pubblicato dal sito 5stellemilano.it, che di fatto condivide.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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