Truppe Nato in Lettonia ​in funzione antirussa, ma perché e per volere di chi? Basta leggere

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Siamo schiavi degli americani o c’è qualcos’altro che la gggente non vuole leggere? È normale che “tira di più un pelo di Putin”, ma questo pelo dov’è andato a finire?

In questi giorni si parla tanto del contingente italiano diretto in Lettonia per conto della NATO, come nell’articolo de Il Giornale con l’articolo del 15 ottobre dal titolo “Soldati italiani contro Putin. Renzi ci trascina alla campagna di Russia“, ottimo dal punto di vista dei contenuti che spiegano la reale situazione che pochi vogliono cogliere leggendo stupidamente solo il titolo:

La conferma arriva dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, che riprende quanto già detto dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che aveva annunciato proprio una presenza militare al confine con la Russia a partire dal 2018. Una decisione presa in base a quanto già stabilito a Varsavia e che vedrà l’Italia, dal gennaio dello stesso anno, alla guida della task force che partirà con un comando canadese.

Quattro saranno i battaglioni schierati dal 2017 sia nei Paesi baltici, punto di maggior frizione con Mosca, che in Polonia. Si tratta di «spearheads forces», soldati dispiegabili ovunque in 48 ore. In pratica il corpo di «reazione rapida» della Nato. Stoltenberg annuncia: «Missione di difesa e dialogo». Ma c’è chi già vede il segnale sinistro di un possibile conflitto mondiale. In realtà le cose stanno un po’ diversamente ed è nelle parole del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che si può capire come, per il governo, si tratti della normale partecipazione a un’attività Nato. «Noi – ha detto il capo della Farnesina – abbiamo sempre dato il nostro contributo a un’impostazione di rafforzamento degli assetti difensivi nei Paesi del nord-est dell’Alleanza atlantica». Basti pensare che l’Italia da tempo è impegnata, nell’ambito delle attività Nato, nei turni stabiliti dall’air policing. Da gennaio ad agosto gli aerei della nostra Aeronautica militare hanno sorvolato i cieli della Lituania, in seguito al turno di quattro mesi di altri Paesi. Ci sono nazioni Nato, infatti, che non hanno vettori della difesa aerea (tra questi Albania, Slovenia, Paesi baltici e Islanda) per i quali è previsto l’intervento a rotazione da parte di chi, invece, ha una forza aerea, come appunto l’Italia, che finora ha fatto air policing in tutti e quattro i Paesi.

Per quanto concerne la missione ai confini con la Russia, invece, con questa mossa la Nato vuol far passare un messaggio di prontezza e deterrenza, non tanto nei confronti della Russia, quanto semmai delle nazioni che fanno parte dell’Alleanza atlantica. Una normale verifica di capacità operativa per lanciare un messaggio al mondo: «Guardate che la Nato funziona». Un mostrare i muscoli, insomma. Una mossa, però, che ha fatto arrabbiare il Cremlino. La portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, interpellata sull’impegno italiano in Lettonia, ha detto che «la politica della Nato è distruttiva. L’Alleanza è impegnata nella costruzione di nuove linee di divisione in Europa, invece che di profonde e solide relazioni di buon vicinato».

Il presidente del CeSi (centro di studi internazionali) Andrea Margelletti spiega che «di fatto la Russia, in quella zona, fa sorvoli non autorizzati. I Paesi baltici sono armati di niente, per cui, è ovvio che la Nato abbia deciso di intervenire e che l’Italia, che ne fa parte, debba partecipare. Si tratta di una cosa normalissima. Se volessimo fare la guerra non manderemmo certo 140 militari, ma migliaia. Quali sono i rischi di un conflitto mondiale? Per ora – conclude – posso dire che non ne vedo, anche se devo ammettere che ultimamente l’atteggiamento della Russia è parecchio aggressivo». Adesso il timore è ritrovarsi a giocare con il fuoco.

Il Cremlino può anche alzare la voce, volendo parlare di mancanza di relazioni di buon vicinato e vedendo nell’azione della NATO un segno distruttivo in questi rapporti, ma di fatto è ben noto il comportamento dell’esercito russo nei confronti dei Paesi confinanti e non solo, dove vengono inviati velivoli non autorizzati. Lo stesso Il Giornale, nell’articolo del 18 maggio 2016 dal titolo “Scramble nel Baltico: caccia inglesi intercettano cinque velivoli russi“, racconta questi episodi:

Gli EFA 2000 si sono alzati per identificare cinque velivoli russi non identificati nello spazio aereo internazionale sul Mar Baltico. La prima formazione russa, due caccia intercettori Su-27 Flanker ed un aereo spia IL-20 ‘Coot-A’, è stata intercettata lungo il confine settentrionale dello spazio aereo estone. Nello stesso frangente, altri due caccia Su-27 sono stati identificati lungo i confini occidentali del paese baltico.

Nella nota ufficiale del Ministero della Difesa si legge che “gli aerei russi operavano senza trasmettere i codici di identificazione, non comunicando alcuna informazione ai centri regionali di controllo del traffico aereo”. Il Ministero della Difesa inglese precisa che i cinque velivoli russi volavano con il transponder spento. Dalle foto diramate da Londra, i caccia russi sembrerebbero essere armati (probabilmente con missili aria-aria AA-10 Alamo), anche se nella nota ufficiale del governo inglese non si fa riferimento alcuno al possibile equipaggiamento dei Flanker.

E’ il secondo scramble che coinvolge i caccia britannici schierati a difesa dello spazio aereo dei Paesi baltici. L’ultima intercettazione risale a venerdì scorso, quando due Typhoon decollati dalla base aerea di Amari, in Estonia, hanno identificato nel Baltico tre aerei da trasporto militare russi. L’intercettazione di poche ore fa è avvenuta lungo i confini settentrionali e occidentali dell’Estonia, sopra il Mar Baltico.

Dal mese scorso, la RAF ha schierato quattro EFA 2000 nell’ambito della missione Baltic Air Policing, che vede impegnati i membri della NATO in rotazione, nel garantire una Quick Reaction Alert nei tre paesi Baltici: Estonia, Lettonia e Lituania. I caccia inglesi resteranno in Estonia fino ad agosto prima del prossimo avvicendamento.

Per la seconda volta in una settimana – ha commentato il Segretario alla Difesa Michael Fallon – la RAF è stata chiamata a rispondere all’attività russa. 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana: noi continueremo a proteggere i cieli baltici ed i nostri alleati per conto della NATO. Nella nostra precedente rotazione – ha concludo Fallon – abbiamo identificato in circostanze simili più di 40 velivoli russi in 17 scramble. In una nota del 140 Expeditionary Air Wing, si rileva che l’attività russa in questo settore è destinata ad aumentare nelle prossime settimane.

Operazioni simili si registravano già nel 2014 e con mete ancora più lontane:

In tutto i voli militari russi intercettati sarebbero 26. Non sono stati registrati incidenti ma si tratta di attività aeree di proporzioni “inusuali”, spiega la Nato, aggiungendo che ancora a metà pomeriggio di oggi stava tracciando alcuni velivoli russi. Secondo l’Alleanza “rappresentano un rischio per l’aviazione civile, perché non hanno piani di volo o non usano trasponder, quindi il controllo aereo civile non può vederli né assicurare che non interferiscano con i voli civili”. Le manovre degli aerei russi “sono attività che non interessano lo spazio aereo italiano” rende noto l’Enav, aggiungendo che “non c’è un’allerta” in Italia.

Il portavoce del comando operativo delle forze armate della Norvegia, Brynjar Stordal, spiega che gli F-16 norvegesi hanno interettato una formazione di bombardieri Bear e aerei cisterne a ovest della Norvegia. I tanker si sono poi diretti verso nord, mentre i bombardieri hanno continuato a volare in direzione sud verso lo spazio aereo internazionale che si trova a ovest di Spagna e Portogallo. “Abbiamo diversi di questi incidenti, circa 40 all’anno“, ha detto Stordal, aggiungendo che “ciò che distingue questa da alcune altre missioni già viste da parte russa è che la formazione era un po’ più grande di quella che vediamo di solito e che sono andati un po’ più a sud di quanto fanno solitamente”.

Come può pretendere una nazione come la Russia di rassicurare il vicinato se invia veivoli in territorio baltico in maniera pressoché “nascosta”? Non è un caso che nel 2015 i Paesi Baltici abbiano esplicitamente chiesto truppe permanenti alla NATO:

E mentre in Estonia continua l’esercitazione «Siil 2015», che interessa 13mila militari e coinvolge anche gli alleati della Nato, tra cui Stati Uniti, fanteria dal Regno Unito, soldati provenienti da Belgio e Germania e militari provenienti da Lettonia e Lituania, le Repubbliche Baltiche intendono chiedere alla Nato di dispiegare truppe in modo permanente sul proprio territorio, a causa di quella che considerano la persistente minaccia russa ai loro confini.

«Vogliamo un’unità delle dimensioni di una brigata in modo da avere sempre un battaglione di truppe che ruotino in ogni Paese baltico», ha detto il portavoce dell’esercito lituano, Mindaugas Neimontas. Una richiesta in tal senso sarà presentata questa settimana al comandante delle forze alleate in Europa, generale Philip Breedlove, dai capi di Stato maggiore delle forze armate di Estonia, Lettonia e Lituania.

Paura comprensibile visto quanto è stato raccontato dal giornalista Simon Ostrovsky in un reportage pubblicato su Vice, dimostrando la presenza dell’esercito regolare russo in Ucraina nonostante le negazioni del Cremlino.

È inutile che i politici nostrani riportino dichiarazioni populiste accusando l’Italia di essere serva degli “yankee guerrafondai”, sostenendo che Renzi voglia la guerra con la Russia. Si sa che il populismo che segue il mito di Putin porta voti:

Da M5s e Sinistra italiana è arrivato l’annuncio di una richiesta formale di informativa del governo in Parlamento, Beppe Grillo ha ritratto sul blog Matteo Renzi e l’ex capo dello stato, Giorgio Napolitano, con l’elmetto: “Vogliono trascinarci in guerra”, è l’accusa lanciata dal leader M5S, che con il suo hashtag #IoVoglioLaPace ha scalato su Twitter la classifica dei trending topic, ovvero degli argomenti più popolari. Per Stoltenberg si tratta di una “presenza simbolica” (saranno 140 gli italiani). Ma secondo Grillo si tratta di una “azione sconsiderata”, che “espone gli italiani a un pericolo mortale”. La Russia invece, ha sostenuto il fondatore del Movimento 5 stelle, “è un partner strategico e un interlocutore per la stabilizzazione del Medio Oriente”. Gli ha fatto eco Alessandro Di Battista, figura di punta del Movimento: “Con Mosca – ha scritto su Twitter – serve dialogo altro che divisioni. Con noi al governo nessun soldato italiano al confine con la Russia. Essere alleati non significa essere sudditi”.

È assurdo sostenere che qualcuno voglia “trascinarci in guerra”, visto che non viene posta alcuna azione di aggressione e piuttosto una di difesa. Al momento non ho sentito, e non voglio cercare, sostegno da parte di chi critica l’operazione citando la Costituzione italiana. Stiamo per affrontare un referendum costituzionale, ma si cita con troppa ed estrema semplicità soltanto la prima parte dell’articolo 11 della nostra Carta:

Articolo 11

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Per chi non comprendesse il testo, suggerisco la lettura dell’articolo 1, comma 1, della Legge 5 giugno 2003, n. 131 “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3“:

Art. 1.

(Attuazione dell’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale)

1. Costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’articolo 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranità, di cui all’articolo 11 della Costituzione, dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali.

Inoltre è inutile che si sostenga la tesi del “vogliono trascinarci in guerra”, l’atto di inviare truppe su un suolo amico non è un atto di offesa e non viola l’articolo 11 della Costituzione. Inoltre, i questo caso si entrerebbe in guerra solo e soltanto se la Russia attuasse un atto di aggressione verso un paese membro della NATO (es. Lettonia), come previsto dall’articolo 5 del Patto Atlantico:

Articolo 5

Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.

Bisogna anche ricordare che nel 2015 la procura generale di Mosca aveva deciso di aprire un’inchiesta sulla legalità della concessione dell’indipendenza nel 1991 alle ex tre repubbliche sovietiche baltiche, Lituania, Estonia e Lettonia (fonte Interfax.ru).

Quando uno Stato sente in pericolo la propria sovranità, visto anche le proprie forze a disposizione e le azioni del “buon vicinato”, è normale che chieda aiuto ai propri alleati, ma si sa che la tanto amata sovranità viene citata a seconda di chi è “amico” o “nemico” (o di chi tira più voti).

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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