La nuova legge ammazza web? Addio libertà di espressione? 6 anni di carcere? Parliamo di cyberbullismo

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Mi segnalano l’articolo del 2 settembre pubblicato dal sito “Italiano sveglia”, dal titolo “6 anni di carcere: ecco la nuova legge ammazza web, addio libertà di espressione!“, il quale ha superato le 2 mila condivisioni. In realtà si tratta di un continuo copia incolla, da sito a sito, ma la cui fonte è un articolo del blog di Fulvio Sarzana su Il Fatto Quotidiano dal titolo “Internet: si scrive cyberbullismo, ma si legge norma ammazza web“.

Tengo a precisare che già un titolo contenente le parole “nuova legge” confondono l’utente, il quale potrebbe facilmente pensare che si tratti di una norma approvata dal Parlamento. Si tratta, infatti, di un disegno di legge che, come diceva il mio prof di Diritto all’Università, “è carta straccia finché non viene approvato in Parlamento“: è tutto ancora da discutere e votare in aula, sia il testo in esso contenuto che gli emendamenti che ne chiedono la modifica.

Riporto la prima parte dellìarticolo di Sarzana per capire di cosa si vuole discutere:

La norma che dovrebbe occuparsi di cyberbullismo, quindi teoricamente di tutela del minore, transitando alla Camera, con i relatori Dem Micaela Campana e Paolo Beni è divenuta, con i profondi ritocchi dei relatori e della Commissione riunite Giustizia e Affari sociali, una vera e propria norma ammazza web, che riguarda anche e soprattutto ogni maggiorenne che si affaccia alla rete internet.

E sì, perché diversamente dalla disposizione originaria approvata anche dal Senato, che era incentrata principalmente sulla tutela del minore, il testo uscito il 27 luglio, è stato completamente stravolto, divenendo una norma repressiva sul web a tutti gli effetti.

[…]

Nel testo e nelle altre disposizioni scompaiono i riferimenti ai minori al fine di delimitare l’ambito di applicazione della norma. In base a questa questa, qualsiasi attività, anche isolata (e quindi effettuata anche una sola volta), compiuta dai cittadini anche maggiorenni sul web conferisce la possibilità a chiunque (altra innovazione portata dalla Camera) di ordinare la cancellazione di contenuti, salva la possibilità che questa attività venga ordinata dal garante privacy.

E chi non si adegua? Rimozione e oscuramento dei contenuti e sanzione sino a 6 anni di carcere.

Per comprendere di cosa stiamo parlando bisogna leggere il contenuto del disegno di legge e citare gli articoli che ci interessano, il primo e il sesto, i relativi emendamenti approvati in commissione (e che dovranno essere discussi e votati in aula, lo ripeterò fino alla nausea).

Ecco l’articolo 1:

Art. 1.
(Finalità e definizioni).

1. La presente legge si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione e tutela nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti.
2. Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.
3. Ai fini della presente legge, per «gestore del sito internet» si intende il prestatore di servizi della società dell’informazione, diverso da quelli di cui agli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, che, sulla rete internet, cura la gestione di un sito in cui si possono riscontrare le condotte di cui al comma 2.

Mi sono letto gli emendamenti approvati in commissione relativi all’articolo 1, ciò che farebbe saltare la tutela dei soli minorenni è l’emendamento 1.3, il quale estende a chiunque possa essere danneggiato e considerato come “vulnerabile”.

Sostituire il comma 2 con i seguenti:

2. Ai fini della presente legge, con il termine «bullismo» si intende l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime percepite come più vulnerabili, anche al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, timore, o di isolamento ed emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio e all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, la lingua, la religione, l’orientamento sessuale, l’opinione politica, l’aspetto fisico, le condizioni personali e sociali della vittima.

2-bis. Ai fini della presente legge, con il termine «cyberbullismo» si intende qualunque comportamento o atto, anche non reiterato, rientrante fra quelli indicati al comma 2 e perpetrato attraverso l’utilizzo della rete telefonica, della rete internet, della messaggistica istantanea, di social network o altre piattaforme telematiche. Percyberbullismo si intendono, inoltre, la realizzazione, la pubblicazione e la diffusione on line attraverso la rete internet, chat-room, blog o forum, di immagini, registrazioni audio o video o altri contenuti multimediali effettuate allo scopo di offendere l’onore, il decoro e la reputazione di una o più vittime, nonché il furto di identità e la sostituzione di persona operate mediante mezzi informatici e rete telematica al fine di acquisire e manipolare dati personali, nonché pubblicare informazioni lesive dell’onore, del decoro e della reputazione della vittima.

Gli emendamenti approvati per gli articoli 1 e 6
Gli emendamenti approvati per gli articoli 1 e 6

Passiamo ora all’articolo 6:

Art. 6.
(Ammonimento).

1. Fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595 e 612 del codice penale e all’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento di cui all’articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni.
2. Ai fini dell’ammonimento, il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la potestà genitoriale.
3. Gli effetti dell’ammonimento di cui al comma 1 cessano al compimento della maggiore età.

Vengono citati dei reati previsti dal codice panale quali “ingiuria” (594), “diffamazione” (595), “minaccia” (612), l’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali e commessi mediante la rete internet. Non stiamo parlando di reati tanto “leggeri”, se ci pensate bene.

Il comma 3 pone un limite all’intervento di ammonimento, ma l’emendamento 6.9 vorrebbe sopprimerlo (tradotto: cancellarlo) così che anche chi è maggiorenne potrebbe essere ammonito in caso di condanna per i reati contestati. Se ci pensate, anche un maggiorenne potrebbe avviare un’attività di cyberbullismo nei confronti di un minore.

Arriviamo, quindi, al citato intervento dei relatori con l’emendamento 6.0100, in cui si vorrebbe porre una pena detentiva da uno a sei anni:

Dopo l’articolo 6, inserire il seguente:
Art. 6-bis. – (Modifica all’articolo 612-bis del codice penale recante la introduzione di una nuova circostanza aggravante). 1. All’articolo 612-bis del codice penale, secondo comma, sono soppresse le parole: «ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informati o telematici».

Conseguentemente, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente:
La pena è della reclusione da uno a sei anni se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La stessa pena si applica se il fatto è commesso utilizzando tali strumenti mediante la sostituzione della propria all’altrui persona e l’invio di messaggi o la divulgazione di testi o immagini, ovvero mediante la diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private, carpiti attraverso artifici, raggiri o minacce o comunque detenuti, o ancora mediante la realizzazione o divulgazione di documenti contenenti la registrazione di fatti di violenza e di minaccia.

2. All’articolo 240, secondo comma, numero 1) del codice penale, dopo le parole: utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli sono inserite le seguenti: 612-bis.

Vediamo come continua l’articolo di Sarzana:

In pratica le attività di critica sui social network, attraverso blog o testate telematiche, farà scattare la possibilità di richiedere la rimozione del contenuto, dell’articolo, del messaggio, di qualsiasi cosa insomma sia presente sul web, con la possibilità di far bloccare il contenuto anche rivolgendosi al garante privacy.

Un blog scomodo, una commento troppo colorito sul forum, una conversazione un po’ ardita tra maggiorenni su Whatsapp, qualsiasi pubblicazione di dati a opera di maggiorenni, qualsiasi notizia data su un blog o su una testata, e che riguardano maggiorenni, ricadranno in quella definizione e saranno oggetto di possibile rimozione.

Da Facebook a Whatsapp ai blog tutto viene inserito nella furia iconoclasta del legislatore pronto a punire le attività peccaminose dei maggiorenni sul web. Con buona pace del cyberbullismo sui minori che è divenuto un elemento del tutto residuale della norma. Un bavaglio in piena regola.

Discutiamone.

Possiamo parlare di “attività di critica”? Non credo proprio, se poi questi ricadono negli attuali reati previsti dal codice penale. A questo punto riporto un articolo di Sarzana sul suo blog, pubblicato il 13 marzo 2016, dal titolo “Cyberbullismo, stalking, diffamazione ed adescamento on line, i reati sul web” in cui elenca i reati riconducibili al bullismo:

Il bullismo fa attualmente riferimento a una serie di condotte in gran parte riconducibili a fattispecie di reato punite dal codice penale o da leggi speciali. Senza pretesa di esaustività si tratta prevalentemente delle seguenti:
– violenza privata (art. 610 c.p.),
– percosse (art. 581 c.p.)
– lesioni (artt. 582 c.p.),
molestie (art. 660 c.p.)
– minaccia (art. 612 c.p.),
stalking (art. 612-bis c.p.),
– furto (art. 624 c.p.),
– estorsione (art. 629 c.p.),
– danneggiamento di cose altrui (art. 635 c.p.)
ingiuria (art. 594 c.p.),
diffamazione (art. 595 c.p.),
– sostituzione di persona (art. 494 c.p.)
– furto d’identità digitale (art. 640-ter c.p.),
– trattamento illecito di dati (art. 167, D.Lgs. 196/2003, Codice della privacy).

Attualmente pendono in Parlamento diversi disegni di legge che intendono regolamentare il fenomeno.

Sono tutti reati che possono commettere maggiorenni a danno di altri maggiorenni, non credo che Sarzana voglia negare ciò che ha riportato nel suo blog personale.

Un blog “scomodo”, un commento “troppo colorito”, una conversazione un po’ “ardita” tra maggiorenni non può essere paragonata ad una semplice e chiara “attività di critica” se vi sono presenti gli estremi per reati come “molestie”, “stalking”, “ingiuria” e “diffamazione”.

Il tema del cyberbullismo è un esclusiva solo dei minori e della loro esclusiva tutela? Il bullismo avviene anche tra i maggiorenni e non va sottovalutato. Tanto vale riportare la definizione pubblicata da Sarzana nel suo blog, sempre nell’articolo del 13 marzo 2016:

Il cyberbullismo o ciberbullismo (ossia «bullismo online») è il termine che indica un tipo di attacco continuo, ripetuto e sistematico attuato mediante la rete.

Il termine cyberbullying è stato coniato dall’insegnante canadese Bill Belsey[1]. I giuristi anglofoni distinguono di solito tra il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment (“cybermolestia”) che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne[2]. Tuttavia nell’uso corrente cyberbullying viene utilizzato indifferentemente per entrambi. Come il bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile e del Codice penale e, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, del Codice della Privacy (D.Lgs 196 del 2003). ( da wikipedia)

Insomma, la definizione di cyberbullismo viene ripresa da Wikipedia (nel testo viene specificato con la scritta tra parentesi “da wikipedia“) ed è estremamente chiara: “bullismo online“.

Che cos’è il bullismo? Seguendo l’esempio di Sarzana, riprendiamo da Wikipedia:

Il bullismo è una forma di comportamento sociale di tipo violento e intenzionale, di natura sia fisica che psicologica, oppressivo e vessatorio, ripetuto nel corso del tempo e attuato nei confronti di persone considerate dal soggetto che perpetra l’atto in questione come bersagli facili e/o incapaci di difendersi.

L’accezione è principalmente utilizzata per riferirsi a fenomeni di violenza tipici degli ambienti scolastici, e più in generale di contesti sociali riservati ai più giovani. Lo stesso comportamento o comportamenti simili, in altri contesti, sono identificati con altri termini, come mobbing in ambito lavorativo o nonnismo nell’ambito delle forze armate. A partire dagli anni 2000, con l’avvento di Internet si è andato delineando un altro fenomeno legato al bullismo, anche in questo caso diffuso soprattutto fra i giovani, il cyber-bullismo.

Chiariamo: “soprattutto fra i giovani“, ma non esclude i maggiorenni. Il bullismo è ben noto anche tra gli adulti e non possiamo escluderne l’esistenza, così come non possiamo escludere certi commenti “troppo coloriti” rivolti da un maggiorenne ad un minorenne (se il comma 3 dell’articolo 6 non venisse soppresso non verrebbe considerato cyberbullismo?).

Tutto ciò mi porta in mente il testo di Roberto Collovati dal titolo “Il bullismo sociale adulto e giovanile“:

Il bullismo sociale riguarda gli adulti. Quello giovanile i ragazzi lo hanno ricevuto in dote dai “grandi”. È questa la trama circolare e sistematica di questo volume, che investiga i luoghi, le relazioni, i contesti in cui non si è mai voluto cercare. Restituire valore e speranze ai giovani significa svelare, oggi più che mai, gli snodi che pervadono le vite di adulti smarriti, violenti verso i bambini e le donne, onnipotenti e infantili.
Il bullismo adulto è un fenomeno anche molto italiano; vive fra malcostume, corruzione, familismo, ambiguità che caratterizzano questi anni. Fermarsi a riflettere, pensare, educarsi significa ridare valore e forza a se stessi e alla società in cui viviamo, per preservarla da un futuro molto incerto.

Nello specifico:

Nel fenomeno bullistico esistono sempre una vittima e un persecutore, e così guardando con le mie lenti strabiche e per questo profonde, i veri persecutori hanno sembianze adulte, anche genitoriali, che attraverso comportamenti seppure inconsapevoli e prevalentemente in buona fede, rivolti ai bimbi, ma direi genericamente ai giovani, creano vittime che diventeranno in un secondo tempo, nuovi persecutori dei loro coetanei e dunque bulli.
[…]
Si è completamente perduta l’osservazione dell’intera rete sistematica che alimenta il fenomeno, per concentrarsi sull’effetto finale, affinché sia facile trovare i colpevoli e i correttivi, senza far nulla per agire sulle cause.
[…]
La prepotenza, l’azione offensiva, la prevaricazione, la violenza, l’umiliazione, la provocazione, l’aggressività, la persecuzione, il disprezzo, che si esercitano per imporsi sugli altri, ripetutamente, indipendentemente dall’uso fisico-corporeo, piuttosto che attraverso modalità verbali, dirette o indirette che siano, definiscono il comportamento bullistico, sempre e comunque, per adulti e ragazzi in ogni luogo.

Molte persone online (e parlo di adulti) si lasciano andare, anche troppo, e spesso nella convinzione che Internet sia un luogo ove la legge italiana non opera. Sarebbe ora di porre un freno, portare all’attenzione il fenomeno e puntare sull’educazione, con questa o un’altra legge staremo a vedere, ma restringere il campo solo ai minori lo ritengo sbagliato.

Vi propongo il video di Marco Camisani Calzolari sul tema cyberbullismo: link.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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