La foto del bambino ferito sul sedile arancione e le ipotesi di complotto

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“Tutta una finta”, urlano i soliti. Ecco che improvvisamente un articolo del 18 agosto 2016 scritto dal sito Moonofalabama.org, il cui autore si firma come “b” (probabilmente l’amministratore attuale del sito “Bernhard” e non il blogger Billmon – il dominio è intestato all’americano Joe Horstman). Riporto di seguito la traduzione pubblicata dal sito Radiospada.org, ripresa da Aurorasito (con ulteriori elementi), con all’interno dei “segni” utili a seguirne l’analisi:

foto-bambino-siriano-sedile-arancione

Questa foto fa il giro sui media “occidentali” insieme alla storia strappalacrime degli “attivisti” di un quartiere di Aleppo occupato da al-Qaida. Un bambino apparentemente ferito, si siede tranquillamente in una nuovissima ambulanza molto ben attrezzata. A un certo punto tocca ciò che apparirebbe una ferita, sulla tempia sinistra, ma non mostra alcuna reazione. 2 minuti di video, da cui è tratta la foto, mostrano il bambino tratto dal buio da una tizio con giaccone da soccorso e portato in un’ambulanza. Si siede tranquillamente, senza essere sorvegliato, mentre diverse persone riprendono video e foto. Un’altra bambina, chiaramente senza ferite, viene poi messa nell’ambulanza. Ecco come la storia viene raccontata: “Mahmud Raslan, un fotoreporter che ha preso la foto, ha detto all’Associated Press che soccorritori e giornalisti hanno cercato di aiutare il bambino, identificato come Umran Daqanish, insieme ai genitori e tre fratelli di 1, 6 e 11 anni. Li abbiamo passati da un balcone all’altro“, ha detto Raslan, aggiungendo: “Abbiamo inviato subito i bambini più piccoli nell’ambulanza, ma la ragazza di 11 anni aspettava che la madre venisse salvata, aveva la caviglia appuntata dalle macerie“. Una ricerca su internet di “Mahmud Raslan“, il preteso “fotoreporter”, non porta ad alcuna foto o video. Vi sono circa 15 uomini intorno alla scena e non fanno nulla. (Accanto a un sito “appena bombardato” in una zona di guerra? Nessuna paura di un secondo attacco?) Almeno altri due uomini, oltre al cameraman, riprendono foto e video. Un altro bambino viene trasportato nell’ambulanza. Sullo sfondo c’è qualcuno con un casco bianco che indossa una camicia dei “Caschi bianchi”, il gruppo di propaganda finanziato dagli anglo-statunitensi. Un ferito si dirige verso l’ambulanza. Come il bambino, l’uomo sembra avere una ferita alla testa. Ma come il bambino, non sanguina [Foto 1]. Vi è una sostanza di colore rosso sul suo viso, ma senza che scorra. È sorprendente. Quando guidavo le ambulanze di pronto soccorso, i feriti alla testa sanguinavano sempre come maiali al macello (spesso sporcando l’ambulanza che dovevo pulire). Come WebMD nota: “Piccoli tagli sulla testa spesso sanguinano pesantemente perché faccia e cuoio capelluto hanno molti vasi sanguigni sotto la superficie della pelle. Anche se tale quantità di sangue può allarmare, molte volte l’infortunio non è grave…”

La quantità di sostanza di colore rosso sul bambino e l’uomo non corrispondono alla quantità che ci si aspetta da una ferita anche minore alla testa. Non vengono inoltre applicate bende o qualsiasi altra cosa serva a fermare una vera ferita sanguinante alla testa. Si confronti ciò con la foto di un ragazzo nella zona ovest di Aleppo [Foto 2]. (Alcun media “occidentali” ha mostrato questo ragazzo e la sua sofferenza. Non è della “nostra parte”).

Il ragazzo subiva una ferita alla testa dopo che un razzo di al-Qaida e affiliati colpiva il suo quartiere. Viene curato e l’emorragia arrestata. La quantità di sangue sul corpo e nel vestito è diverse volte ciò che appare immagini precedenti. Il sangue è anche mescolato con la polvere sul volto, non dipinto. Così appaiono i pazienti nella mia ambulanza. Sembra reale. Tutti gli elementi del video del “bambino sul sedile arancione” sono gli stessi che si vedono in decine di video dei “Caschi bianchi”. La stessa scena ripetuta più e più volte nell’album “Drammatici salvataggi! Uomini con bambini che corrono verso la telecamera”! Ritengo che il video sia la stessa sceneggiata di altri video e foto dei “Caschi bianchi”. L’aspetto della ferita del bambino è un po’ più realistico del solito, ma mancanza di sanguinamento, nessuno che se ne occupi, assenza di reazione alla “ferita” e l’impostazione generale del video, permettono di ritenerla una messa in scena.

L’articolo continua, ma voglio trattare questa prima parte. I problemi riscontrati dall’autore dell’articolo sono:

  • il bambino sarebbe “apparentemente ferito”;
  • l’ambulanza è nuovissima e molto ben attrezzata;
  • il bambino non mostra alcuna reazione;
  • il bambino viene lasciato solo senza essere sorvegliato;
  • circa 15 uomini intorno alla scena che non fanno nulla;
  • fotografi e giornalisti si troverebbero in una zona di guerra appena bombardata senza alcuna paura di un secondo attacco;
  • la presenza dei “Caschi bianchi”;
  • il sangue nella testa di uno uomo che non scorre e che “normalmente” dovrebbe sporcare tutta l’ambulanza;
  • la quantità di sangue presente nei corpi non sarebbe abbastanza;
  • non sarebbero state applicate le bende o qualsiasi altra cosa serva per fermare una “vera ferita” sanguinante alla testa.

Di seguito il video (citato dal Guardian e fornito da Aleppo Media Center):

Vediamo le immagini pubblicate dall’articolo originale in inglese:

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[Foto 1] – “Come il bambino, l’uomo sembra avere una ferita alla testa. Ma come il bambino, non sanguina. Vi è una sostanza di colore rosso sul suo viso, ma senza che scorra.”
[Foto 2] "Si confronti ciò con la foto di un ragazzo nella zona ovest di Aleppo"
[Foto 2] “Si confronti ciò con la foto di un ragazzo nella zona ovest di Aleppo”
L’ambulanza è nuova e ben attrezzata? Forse l’autore dell’articolo immagina che le ambulanze siriane siano dei carretti sfasciati, neanche fossero dei trogloditi. Pensate che nel 2012 venivano pubblicate le foto delle ambulanze donate dalla Croce Rossa americana alla Siria:

Foto di un ambulanza donata dalla Croce Rossa americana a quella siriana
Foto di un ambulanza donata dalla Croce Rossa americana a quella siriana

Se nella mente dell’autore l’ambulanza era “nuova di zecca” e appositamente acquistata per la presunta “messinscena” si cadrebbe nel ridicolo, ma forse è davvero così che si immagina la situazione (tutto pronto per “il set cinematografico”) e che essa debba essere sudicia perché appunto siriana. Vorrei veramente comprendere la teoria dell’ambulanza troppo pulita, tuttavia usando un po’ di razionalità lo sarà stata per ovvi motivi igienico sanitari.

A proposito di ambulanze nuove, di recente, precisamente nel mese di luglio di quest’anno, sono state donate dalla Svizzera le seguenti vetture (non lo stesso modello, ma serve per far comprendere che c’è un aiuto effettivo da parte di diversi paesi del mondo nel fornire aiuto medico) al gruppo di Aleppo (nell’articolo del sito della Mezzaluna Rossa si citano 7 veicoli):

Foto tratta dal sito della Mezzaluna Rossa
Foto tratta dal sito della Mezzaluna Rossa

Il bambino non mostra alcuna reazione? Mi domando come l’autore dell’articolo possa pensare che debba per forza reagire, come se tutti i bambini o anche tutti quanti gli adulti debbano per forza urlare o compiere delle “scenate epocali”. Mai pensato che sia sotto choc? A spiegarlo è Melita Ricciardi, psicologa dell’emergenza:

Il piccolo Omran, appena estratto dalle macerie ferito e imbiancato dalla polvere, “ha il tipico viso da choc – dice all’AdnKronos Salute la psicologa – Non riesce a provare emozione. La sua reazione è di totale distacco emotivo. In questi casi, infatti, può esserci una fase catatonica o una fase di totale incoscienza, in cui non si percepisce il pericolo. Per i bambini la paura, legata al fatto di non avere più protezione e sicurezza, porta più facilmente a questa sorta di ‘anestesia’. Il piccolo di Aleppo non ha chiaramente vicini i genitori, o comunque le sue figure di riferimento. Ha una ferita psicologia profonda, una morte dell’anima appunto, con segni che rimarranno per sempre”.

La ‘riabilitazione’, la possibile cura “non è facile – osserva Ricciardi – Il bambino ha bisogno di trovare punti di riferimento. Un ‘contenitore affettivo’ in grado di dare sicurezza, un contesto protettivo può aiutarlo: offrire quella carica emotiva che gli consenta di pensare che gli esseri umani non ti rifiutano, non ti uccidono, non ti respingono come invece la sua esperienza gli suggerisce”.

I bombardamenti sono “come abusi”, continua l’esperta. I flashback di questa esperienza sono destinati ad accompagnare Omran tutta la vita, “con gravi conseguenze da adulto, se non sarà sottoposto a psicoterapie adeguate”. I ‘bambini della guerra’, comunque, per quanto profondamente feriti da disturbi post traumatici hanno a volte risorse impensate. Il piccolo, soprattutto se gli sarà offerto un contesto affettivo in grado di aiutarlo, “può sviluppare una migliore resilienza (la capacità di adattarsi ad eventi traumatici in maniera positiva), come accade molte volte in questi bambini che vivono esperienze drammatiche”, conclude la psicologa.

Il Guardian riporta le testimonianze dell’autore del video e del medico che si è occupato di Omran presso l’ospedale di Aleppo, il quale ha riportato lo stato di choc del bambino:

“He was frightened and shocked. He had been sitting safely in his home, perhaps asleep,” he said. “And the house was brought down on top of him. When we were treating him, he was not screaming or crying, just in shock.”

La teoria della sceneggiata da “attore” piace di più ai cospirazionisti (se leggete i commenti nel sito Moonofalabama.org trovate citazioni a “Soros”, ai sionisti, alla CIA, a presunti “trucchi scenografici” e presunti “attori”).

Il bambino viene lasciato solo nell’ambulanza? L’autore dell’articolo dovrebbe conoscere bene il “triage“, siccome sostiene di avere esperienza in “prima linea” (“Quando guidavo le ambulanze di pronto soccorso“), ossia il sistema utilizzato per gestire i soggetti coinvolti secondo classi di urgenza ed emergenza crescenti:

  • codice bianco: nessuna urgenza – il paziente non necessita del pronto soccorso e può rivolgersi al proprio medico;
  • codice verde: urgenza minore – il paziente riporta delle lesioni che non interessano le funzioni vitali ma vanno curate;
  • codice giallo: urgenza – il paziente presenta una compromissione parziale delle funzioni dell’apparato circolatorio o respiratorio, non c’è un apparente pericolo di vita immediato;
  • codice rosso: emergenza – indica un soggetto con almeno una delle funzioni vitali (coscienza, respirazione, battito cardiaco, stato di shock) compromessa ed è in potenziale immediato pericolo di vita.

Vediamo un video di un altro caso seguito da un quesito rivolto al lettore:

Mi rivolgo quindi al lettore: quale codice comprenderebbe il caso del bambino sul sedile arancione e quale quello del video sopra riportato? Non ci vuole un genio a comprenderlo. A questo punto mi domando in che ambulanza abbia lavorato, forse guidava e basta pensando che i colori fossero quelli dei semafori.

Risulta un problema se “vi sono circa 15 uomini intorno alla scena” che non fanno nulla? Noto che è difficile comprendere che un eccessivo numero di persone che intervengono in determinate situazioni potrebbero ostacolare l’operato dei soccorritori e creare ulteriore confusione e danno.

Possibile che fotografi e giornalisti si trovassero ancora in una zona di guerra appena bombardata senza alcuna paura di un secondo attacco? A questo punto mi domando in che mondo viva l’autore dell’articolo. Quanti video postati su Twitter dai giornalisti presenti in Siria mostrano in diretta i bombardamenti tanto da correre verso il luogo del disastro per documentarlo? Davvero considera che non possano esserci giornalisti (coraggiosi, pazzi, sconsiderati, vedetevela voi con il termine che volete associare a queste persone) che ci rimettono anche la pelle?

Barakat

Aleppo (Siria), 20 dicembre 2013 – E’ il giorno in cui il fotoreporter Molhem Barakat ha perso la vita in uno scontro tra ribelli e forze del regime davanti all’ospedale di Aleppo. Aveva solo 17 anni, ma grazie alla sua grande passione per la fotografia lavorara già per la Reuters. La foto a destra è la sua macchina fotografica insanguinata.

Le foto sceniche? Un po’ di storia della fotografia non guasterebbe a nessuno e comprendere che le foto “sceniche” sono quelle più ricercate e rese note nella storia dell’uomo! Le cercano, le vogliono, le pubblicano perché attirano, qualunque esse siano e a favore di qualunque schieramento (la propaganda in questo caso la fanno tutti, nessuno escluso, ma accusare solo una parte è puramente ipocrisia).

Foto di una rifugiata scattata a Zenica (Bosnia) - 1995
Foto di una rifugiata scattata a Zenica (Bosnia) – 1995

Il problema sarebbe il sangue nella testa di uno uomo (“Foto 1”, ma vale anche nel caso del bambino) che non scorre e dovrebbe sporcare tutta l’ambulanza come in un film splatter? Pensare minimamente che queste persone siano rimaste sotto le macerie per un certo lasso di tempo, con ferite riportate non gravi, e il sangue nel frattempo si sia essiccato? No, per loro deve essere finto per forza perché non fanno come nei film (per loro la scena è comunque da film). L’ematologia va a farsi benedire.

Un altro problema sarebbe la quantità di sangue presente nei corpi che non sarebbe abbastanza? Considerare il tipo di lesione no? Ripeto: vogliono tutto come nei film splatter? Oltre all’essiccazione del sangue non si pensa minimamente al fatto della polvere presente a causa del crollo delle macerie? In un caso del genere non per forza ci deve essere del sangue (se non siete troppo sensibili potete guardare anche le foto qui ed il video qui).

Persone recuperate vive dalle macerie in seguito al terremoto del Nepal
Persone recuperate vive dalle macerie in seguito al terremoto del Nepal (per forza ci deve essere sangue ovunque?)

Non sarebbero state applicate le bende o qualsiasi altra cosa serva per fermare una “vera ferita” sanguinante alla testa? Trovate la risposta nelle argomentazioni precedenti, usare come prova la foto del bambino a ovest di Aleppo (“Foto 2”) non è una prova per dimostrare la teoria. Se volete vedere il bambino dopo le cure ecco la foto postata dal corrispondente del Telegraph Raf Sanchez:

Inizialmente lo chiama "Omar", poi corregge. Sanchez riporta, nei tweet successivi, che la famiglia è salva.
Inizialmente lo chiama “Omar”, poi corregge.

Sempre sul Guardian si riporta che il suo caso non era grave:

Hours after he and his family were rescued, Omran was discharged from hospital, having suffered a head injury and bruises in the attack, but nothing too serious.

Meno fortunato Ali, il fratello di Omran, purtroppo deceduto in ospedale in seguito alle ferite riportate dal bombardamento:

The airstrike that destroyed the home of five-year-old Omran Daqneesh who was photographed after being pulled from the rubble has claimed the life of his brother.

Ali, 10, was not with his younger brother at home but playing with friends out in the street when the bomb fell on Wednesday. While his family sustained minor injuries when their home collapsed he was more seriously hurt in the blast.

It emerged today that he had died from his injuries in hospital. The boys’ father received mourners at his temporary home after news broke of the death.

Vorrei, infine, riportare un retweet di Billmon dove viene riportata la foto del piccolo Omran confrontata con quella di una bambina della zona ovest di Aleppo (controllata dal governo siriano di Assad) per sostenere la classica argomentazione “questa viene condivisa, mentre l’altra ignorata” (evitate di scannarvi di fronte a questa affermazione, questa reazione è riscontrabile dai diversi schieramenti avversi):

"One of them made global headlines, while the other was ignored. Guess why #Syria"
“One of them made global headlines, while the other was ignored. Guess why #Syria”

A questo punto sarebbe lecito parlare di questa bambina come nel caso di Omran? Mi fa schifo solo il pensiero che ciò venga fatto.

Il fotoreporter Mahmoud Raslan

Un passo indietro per parlare della questione relativa al reporter siriano, che nella traduzione in italiano viene chiamato “Mahmud Raslan” anziché “Mahmoud Raslan”.

Le associazioni fatte su Mahmoud Raslan
Le associazioni fatte su Mahmoud Raslan

Il reporter, che già scattava selfie assieme ai ribelli siriani, è presente in una foto assieme agli sgozzatori, appartenenti alla brigata Nour al-Din al-Zinki, del ragazzo siriano Abdullah Issa (ne avevo parlato in questo articolo), il che non gli fa godere di certo di un ottima fama in questo momento (noto da alcuni blogger italiani che riportano il fatto che abbia la stessa maglietta, effettivamente la trovo indossata anche in una foto di luglio e in un altra del 5 agosto, probabilmente gli piace parecchio). Infatti, a quanto sembra dal suo profilo Facebook, ha cancellato la foto (o modificato le impostazioni della privacy da pubblico a privato).

Lo screen della foto pubblicata su Facebook, a quanto pare rimossa.
Lo screen della foto pubblicata su Facebook, a quanto pare rimossa.

L’autore dell’articolo sostiene che svolgendo una ricerca online non si trovano foto e video associati al suo lavoro (nonostante riporti chiaramente un link dal sito Syria.liveuamap.com, qualcosa su cui partire con un ulteriore ricerca), ma il fatto che non sia un nome famoso come lo è al contrario il reporter “filo-governativo” Ivan Sidorenko non significa che non esista e che sia un “attore”, se è questa la teoria velata proposta nel suo articolo. Mi domando che ricerca abbia fatto “b”, perché è stato molto semplice trovare il suo account Facebook grazie ad una ricerca effettuata partendo dalla foto da lui linkata (ritrovata nell’account twitter di Elizabeth Tsurkov).

A destra la foto linkata da "B", a sinistra la foto trovata nel profilo del fotoreporter
A destra la foto linkata da “B”, a sinistra la foto trovata nel profilo del fotoreporter

Consultando il suo profilo, afferma di essere il direttore del Nour Media Center (canale Youtube e Twitter), il quale opera da diverso tempo e citato anche da Aljazeera in qualche occasione.

Il profilo FB di Raslan
Il profilo FB di Raslan
Foto di Raslan pubblicata nel 2015 e scattata da un collega fotoreporter
Foto di Raslan pubblicata nel 2015 e scattata da un collega fotoreporter

Ricapitolando, cercando bene ho trovato il suo account Facebook, la sua Nour Media Center e i video pubblicati nel relativo canale Youtube. Ripeto quanto scritto da “b”: “Una ricerca su internet di “Mahmud Raslan“, il preteso “fotoreporter”, non porta ad alcuna foto o video“.

A proposito di fotoreporter o giornalisti “di parte” (che tuttavia, notando le foto e le dichiarazioni pubbliche di Ruslan è evidente quale schieramento sostenga) e alle informazioni da loro fornite, in merito al ragazzo decapitato ad Aleppo lo stesso Sidorenko sostiene che non era palestinese, ma siriano. Evidentemente le informazioni dei propri punti di riferimento vengono ignorate per convenienza, probabilmente diranno che “per sto giro ha sbagliato”. Molto comodo, così come è comodo sostenere che non si debba credere alle versioni ufficiali dei governi per poi credere solo a quelle di Assad o delle milizie che sostengono il suo governo. Lo stesso vale per la parte avversa, ma è una cosa che risulta difficile quando si è coinvolti emotivamente e si è fanatici di uno schieramento o dell’altro a priori.

Insomma, la presenza di questo fotoreporter e dei “Caschi bianchi” bastano all’autore “b” per dar forza alla “teoria del falso video”. Il suo articolo riporta soltanto teorie basate sull’assurdo, sinceramente mi è sembrato di leggere uno degli articoli sulle “False Flag” di un noto “ricercatore”.

Orda di commentatori ‘indipendenti’ in 3..2…1…

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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