L’Ice Bucket Challenge è servito a qualcosa? Si, ma manca ancora tanto

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TGCom24 pubblica un articolo dal titolo “La “secchiata ghiacciata” ha funzionato: team di ricercatori scopre un gene responsabile della Sla“:

Due studi italiani pubblicati sulla rivista Nature Genetics dimostrano la correlazione tra anomalie genetiche e rischio di contrarre la malattia. La ricerca è stata finanziata dalla raccolta fondi “Ice Bucket Challenge”

Allora, andiamo per ordine. Il sito Alsa.org pubblica un articolo che annuncia la pubblicazione della ricerca:

I am excited to share that my team at University of Massachusetts Medical School and colleagues around the world have identified a new ALS gene, NEK1, which now ranks high among the most common genetic factors associated with ALS.

NEK1 is now known as one of the most common genetic contributors of ALS.

NEK1 was discovered by more than 80 researchers in 11 countries who contribute to Project MinE’s global DNA sequencing effort. Project MinE is the largest precision medicine program of its kind, which is examining the genetic makeup of 15,000 people living with ALS and 7,500 healthy people across the globe. The goal of the collaboration is to uncover all genes that are responsible for ALS.

Since Project MinE received a $1 million grant from The ALS Association in the wake of the ALS Ice Bucket Challenge, we were able to expand our operation significantly. Your support has made a profound impact!

What’s most exciting about this finding is that it gives scientists a promising new target for drug development.

And we are already making strides in this direction. NEK1 was previously shown to be involved in the maintenance of the cytoskeleton of the cell, which helps maintain cell shape. My lab is now working to see if NEK1 mutations could contribute to disease by damaging the cytoskeleton. Through funding from The Association and collaboration with The Jackson Laboratories, we are creating an NEK-1-associated disease model for further investigation.

Every gene adds up.

Collaboration is key in everything we do. All this work from gene discovery to understanding disease mechanism is bringing us leaps and bounds toward finding treatments and cures for ALS.

But we have a long way to go. Please continue to help fund promising research so we can find the cure for ALS as quickly as possible.

In breve, è stata identificata una forte associazione tra il gene NEK1 e la malattia. Gli stessi ringraziano per il contributo raccolto con l’iniziativa dell’estate, che effettivamente ha permesso di sostenere le spese.

Lo studio però non è propriamente italiano, ma di cui fanno parte molti ricercatori. Ecco cosa scrive TGCom24:

L’analisi genetica su più di 13mila persone ha rilevato che le anomalie del NEK1, il gene che contribuisce al rifornimento energetico dei neuroni e alla riparazione del Dna, sono correlate al rischio di contrarre la Sla. Di conseguenza, capire meglio il suo funzionamento potrebbe portare allo sviluppo di terapie più efficaci per combattere la malattia. Oltre ad aver finanziato la ricerca, l’Italia ha contribuito al progetto con due studi scientifici pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Genetics. Gli articoli, firmati dai ricercatori dell’Istituto Auxologico Vincenzo Silani e Nicola Ticozzi, confermano il ruolo trainante della ricerca italiana nella lotta alla Sla.

Come possiamo vedere nel sito di Nature Genetics i protagonisti sono parecchi, di cui alcuni sono italiani:

Kevin P Kenna, Perry T C van Doormaal, Annelot M Dekker, Nicola Ticozzi, Brendan J Kenna, Frank P Diekstra, Wouter van Rheenen, Kristel R van Eijk, Ashley R Jones, Pamela Keagle, Aleksey Shatunov, William Sproviero, Bradley N Smith, Michael A van Es, Simon D Topp, Aoife Kenna, Jack W Miller, Claudia Fallini, Cinzia Tiloca, Russell L McLaughlin, Caroline Vance, Claire Troakes, Claudia Colombrita, Gabriele Mora, Andrea Calvo, Federico Verde, Safa Al-Sarraj, Andrew King, Daniela Calini, Jacqueline de Belleroche, Frank Baas, Anneke J van der Kooi, Marianne de Visser, Anneloor L M A ten Asbroek, Peter C Sapp, Diane McKenna-Yasek, Meraida Polak, Seneshaw Asress, José Luis Muñoz-Blanco, Tim M Strom, Thomas Meitinger, Karen E Morrison, SLAGEN Consortium, Giuseppe Lauria, Kelly L Williams, P Nigel Leigh, Garth A Nicholson, Ian P Blair, Claire S Leblond, Patrick A Dion, Guy A Rouleau, Hardev Pall, Pamela J Shaw, Martin R Turner, Kevin Talbot, Franco Taroni, Kevin B Boylan, Marka Van Blitterswijk, Rosa Rademakers, Jesús Esteban-Pérez, Alberto García-Redondo, Phillip Van Damme, Wim Robberecht, Adriano Chio, Cinzia Gellera, Carsten Drepper, Michael Sendtner, Antonia Ratti, Jonathan D Glass, Jesús S Mora, Nazli A Basak, Orla Hardiman, Albert C Ludolph, Peter M Andersen, Jochen H Weishaupt, Robert H Brown Jr, Ammar Al-Chalabi, Vincenzo Silani, Christopher E Shaw, Leonard H van den Berg, Jan H Veldink & John E Landers

Questo senza togliere l’importanza della collaborazione dei ricercatori italiani, che ringrazio per il loro operato, ma non è una “scoperta italiana”.

Non è comunque finita, la ricerca deve continuare e sono contento di aver contribuito anche io (senza aver usato un secchio d’acqua, ma donando semplicemente). Un piccolo grande passo, ma il viaggio è ancora lungo.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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