Il Blog di David Puente

Il caso Momo e la psicosi dei giochi suicidi privi di fondamento

Tra le segnalazioni ricevute in questi giorni troviamo quella relativa alla psicosi Momo e il fantomatico “gioco della morte“:

Una delle segnalazioni arrivate via Whatsapp

 

Gli articoli in Italia

Tra le segnalazioni c’è un articolo pubblicato il 5 agosto 2018 su News.fidelityhouse.eu dal titolo “Attenzione agli adolescenti: Momo, il nuovo gioco suicida, si sta diffondendo tramite WhatsApp“. Leggiamo nel pezzo:

Solo un anno fa si era diffuso il gioco della Blue Whale, che ha rappresentato un problema per quanto riguarda la sicurezza dei ragazzi e degli adolescenti. Quest’anno si sta diffondendo un gioco ancora più crudo, chiamato Momo. Quest’ultimo è diventato una sfida virale che chiede alle persone di aggiungere un contatto sull’app WhatsApp e, successivamente, le incoraggia a commettere atti di autolesionismo o suicidio. Il “gioco” si è diffuso in alcuni paesi esteri.

Secondo quanto riportato da Fox News, la polizia in Messico afferma che “Momo” sia iniziato in un gruppo su Facebook, dove le persone sono state incoraggiate ad avere contatti con un numero di telefono sconosciuto.

Quindi, un presunto “gioco” dell’autolesionismo e del suicidio che sarebbe stato riscontrato all’estero, non in Italia. Come nel caso del Blue Whale, assistiamo all’ennesima “pompatura mediatica” (con Fox News al posto di Novaya Gazeta) e il rischio di creare imitatori (dovete conoscere l’effetto Werther).

A parlare di questo “gioco” furono per prime le grandi testate italiane, come Il Giornale nell’articolo del 3 agosto 2018 dal titolo “Dopo la blue whale arriva Momo. Ora la sfida social fa paura“:

Il gioco – scrive Dagospia – è stato lanciato su Facebook e il primo a dare l’allarme è stata l’Unità di investigazione sulla criminalità informatica dello stato di Tabasco, in Messico, che ha postato su Twitter informazioni sulla sfida inquietante, spiegando di cosa si trattava. Tutto è iniziato su un gruppo Facebook dove i partecipanti si sono sfidati comunicando con un numero sconosciuto: diversi utenti hanno affermato che, inviando un messaggio a Momo dal proprio cellulare, ricevevano in risposta immagini violente e aggressive. Alcuni, poi, hanno raccontato di aver ricevuto messaggi con minacce dopo essersi rifiutati di eseguire gli ordini. Una sorta di blue whale, anche se non sembrano esserci sfide pricolose. Ma il gioco porta alla morte.

[…]

Dall’inizio della sfida, i creatori sono entrati in contatto con diversi numeri di telefono e il gioco è stato segnalato in Messico, Argentina, Stati Uniti, Francia e Germania. Secondo il Buenos Aires Times, la polizia ha collegato il gioco inquietante alla morte di una ragazza argentina di 12 anni, trovata impiccata nel giardino di casa sua: il suo telefono era stato hackerato e gli agenti credono che dovesse filmare il suicidio per Momo. E chi sarebbe Momo? Un hacker, probabilmente.

Quindi, a parte un gruppetto Facebook dove sarebbe stata diffusa la storiella di Momo, l’unico caso considerato (e neppure provato) è quello di una ragazza argentina (i colleghi di Butac hanno approfondito la storia scoprendo che era legato a tutt’altro).

Insomma, ancora zero prove certe. Questo dovrebbe chiudere tutto, fermare la diffusione della storia e neppure iniziarla. Purtroppo ne parlano, fin troppo, e bisogna far chiarezza.

 

Origini e allarmismo messicano

Nell’articolo di Dagospia viene riportata questa immagine in spagnolo, creata e pubblicata via Twitter dalla “Polizia Postale” messicana il 12 luglio 2018, che vi traduco volentieri:

Momo: il nuovo gioco virale nelle reti sociali.
Nelle reti sociali circola l’immagine di una donna dalle fattezze spaventose. La chiamano “Mono” e invita chi la osserva di scriverle via Whatsapp, in caso contrario ti comparirà davanti di notte o ti lancerò una terribile maledizione.

Da dove viene?
La storia è iniziata in un gruppo Facebook dove gli utenti si sfidavano a comunicare con un numero sconosciuto. nonostante gli avvertimenti.

Diversi utenti hanno assicurato che se si invia un messaggio a “Momo” dal propri cellulare, questo risponderò con immagini violente e aggressive. Qualcuno afferma che hanno ricevuto minacce rivelando informazioni personali.

Perché è pericoloso?
Il rischio tra i giovani e i minorenni è quello di vedersi di fronte un delinquente che potrebbe usare il “gioco” per:

– raccogliere o rubare informazioni personali
– incitare al suicidio o alla violenza
– molestie
– estorsione
– generare disturbi fisici e psicologici come ansietà, depressione, insonnia e via dicendo.

Un utente domanda via Twitter se ci sono stati casi riscontrati, la risposta della “Postale messicana” è negativa:

Buenas tardes @luisa_Trevino hasta el momento no se ha tenido ningún caso en la entidad, pero alertamos a los padres para estar al pendiente de sus hijos.

Nessun caso, dunque, ma “allarmiamo pure le famiglie“.

 

L’origine dell’immagine

Già dal 12 luglio 2018 qualcuno pensò bene di creare una voce sul sito Knowyourmeme.com fornendo ogni informazione utile:

Momo is a nickname given to a sculpture of a young woman with long black hair, large bulging eyes, a wide smile and bird legs. Pictures of the sculpture are associated with an urban legend involving a WhatsApp phone number that messages disturbing photographs to those that attempt to contact it.

Si tratta di una scultura giapponese dalle sembianze disumane, la testa deformata di una donna con il corpo di un uccello. Ne aveva parlato anche il collega Juanne Pili su Fanpage:

Si tratta di una rappresentazione artistica intitolata “Mother-Bird” realizzata dall’artista giapponese Keisuke Aisawa presso lo studio Link Factory e presentata in mostra a Tokyo. Si tratta del luogo più adatto per gli artisti horror che vogliono farsi conoscere nel resto del Mondo. Fa la sua prima apparizione su Instagram nel 2016 e si diffonde presto nei vari thread di discussione su Reddit, specialmente quelli di lingua spagnola. Diventa così il tormentone di questa estate mediante i messaggi di WhatsApp. Vi sono almeno due numeri corrispondenti che restituiscono l’angosciante immagine, che qualcuno ha paragonato erroneamente all’attrice protagonista dello Shining di Kubrick Shelley Duvall.

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Nella voce del sito Knowyourmeme.com troviamo anche un grafico molto interessante di Google Trends dove notiamo che le ricerche di informazioni tramite Google erano letteralmente schizzate a partire da giugno 2018:

Il picco improvviso inizia a giugno 2018

Lo riporto di seguito, così potremmo monitorare anche i prossimi sviluppi:

Conclusioni

Allarmare i genitori con notizie infondate, a partire da quelle diffuse dalla “Polizia Postale” messicana, non aiuta affatto perché si corre il rischio di ottenere l’effetto Werther e una volta rivelata l’infondatezza del tutto l’effetto “al lupo al lupo“.

Di questa storia ne hanno parlato i colleghi: