La storia dell’asilo di Multedo e i bambini sfrattati per far posto a 300 migranti

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In un articolo di Affaritaliani.it dal titolo “Multedo, asilo chiuso per “accoglienza”. Un caso di business-immigrazione” e pubblicato il 26 ottobre 2017 leggiamo:

Chiuso per accoglienza: a Multedo (Genova) 40 bambini sono stati sfrattati da un asilo per far posto a 300 migranti. Il caso divide Genova

Leggiamo nel testo dell’articolo:

Siamo a Multedo, quartiere operaio del Porto Petroli di Genova, ex rossissimo ed ora in rivolta: una avanguardia di 12 migranti soggiorna nell’asilo locale, destinato dalla defunta contessa Govone, con un lasciato di 60 anni fa, ad ospitare una scuola per ragazzi, doposcuola e asilo. L’asilo assicurava agli abitanti del quartiere, ieri stazione balnerare d’elite ed ora dormitorio di periferia privo di negozi ,palestre e scuole, un’oasi per i bambini del quartiere.

Insomma, siamo già passati da 300 migranti a 12, ma da Genova Today apprendiamo che i migranti a Multedo sarebbero poi 25:

Il progetto era stato illustrato dal prefetto al presidente del municipio e a una delegazione del comitato in occasione degli incontri tenutisi il 26 e il 28 settembre scorso. Per venire incontro alle esigenze rappresentate dai residenti, che hanno più volte rappresentato che Multedo è alle prese con mille problemi mai risolti in quanto gravata dalla presenza del casello autostradale di Genova Pegli e da depositi chimici e per ridurre l’impatto della struttura, la prefettura si è resa disponibile, d’intesa con il Comune e con l’Ente gestore, a ridurre a 25, in via sperimentale, il numero dei richiedenti asilo da ospitare.

Ora passiamo alla questione “sfrattati” dove leggiamo:

L’asilo è stato chiuso per accoglienza: le suore che lo gestivano si sono ritirate, lamentando scarsi introiti dai 40 bambini scritti all’asilo, e Bagnasco ha affidato alla cooperativa “ Migrantes” l’amato compito di integrare 12 rifugiati, avanguardia di almeno trecento, a Multedo.

Stiamo parlando dell’ex asilo Govone che era stato chiuso da più di un anno (nel video pubblicato anche nell’articolo di Affaritaliani.it una delle protagoniste della protesta lo afferma candidamente) e non con la scusa di accogliere i migranti, ma per mancanza di bambini e quindi di introiti per l’asilo nido privato, come spiegato in un articolo di Repubblica del 3 febbraio 2016:

«Va da sé che dobbiamo ricorrere a insegnanti laici, che ovviamente devono essere pagati», spiega Suor Giselda. «A Multedo abbiamo sette dipendenti e dopo tre anni di sofferenza economica la Congregazione non può più permettersi un rosso notevolissimo. Non abbiamo mai gestito le scuole con il paraocchi: una aiutava l’altra. Ma ormai non c’è nessun tesoretto comune da redistribuire». Prima di comunicare la chiusura la Congregazione ha cercato degli sponsor privati, senza trovare nessuno disposto ad investire. E ora è aperta a qualsiasi idea che rispetti i principi dell’educazione religiosa. «Anche l’autogestione di una cooperativa di genitori», continua Suor Giselda insieme alla preside in pensione Maria Garlando, ex studente delle Suore della Neve e volontaria della Congregazione. Dal prossimo anno scolastico alle famiglie sarà proposta la frequenza nelle scuole vicine gestite dalle suore, con uno scuolabus che porti i bambini da Multedo a Pegli o Sestri. Ieri il consigliere comunale Paolo Gozzi del Gruppo misto ha portato la questione a Tursi, ma non è stata discussa. «Si tratta di un istituto privato, certo», riconosce Gozzi. «Ma vorrei sapere se qualcuno in Comune sta valutando l’impatto che avrà sul quartiere la chiusura della Govone. Ci riempiamo la bocca di recupero dei “quartieri dormitorio”: ma assistiamo inerti a un quartiere che, con la perdita di ogni servizio e di ogni centro di aggregazione, lo sta diventando».

I residenti avevano già chiesto un intervento pubblico in passato:

«Rispetto ai tempi d’oro, che sono finiti attorno al 2010, l’asilo Govone di Multedo era passato da 92 a 58 alunni. Erano stati i genitori dei piccoli studenti a chiedere il nostro intervento, poco più di due anni fa, per tentare di evitare la chiusura dell’asilo». Così Mauro Avvenente, ex presidente del Municipio ponente oggi consigliere comunale del Pd, ricorda la trattativa per tentare di salvare l’ex asilo Govone . «Quando i primi gruppi di genitori si sono rivolti a noi – racconta Avvenente – sapevamo che non avremmo avuto molte carte da giocare. La struttura era ed è privata, il Comune non poteva interferire. Però avevamo deciso di cercare, insieme anche alle suore della Neve, un compromesso».

Siamo a cavallo tra il 2013 e il 2014. «La dirigenza dell’asilo si trovava in difficoltà, così aveva detto. Noi, non potendo fare altro, avevamo trovato due associazioni cittadine disposte a collaborare con le suore nella gestione dell’impianto». La trattativa si era poi arenata. «Perché le suore avevano deciso di non collaborare con le associazioni», secondo Avvenente. E l’asilo è stato chiuso, come tante altre strutture cattoliche senza risorse.

Lo stesso Monsignor Giacomo Martino spiega che i locali son rimasti vuoti e inutilizzati e solo quando la prefettura ha cercato spazi si sono fatti avanti:

«Le suore hanno tenuto quegli spazi vuoti per un anno, pagando l’Imu, perché sui locali che non sono adibiti al culto la Chiesa paga le tasse, come è giusto. Non avrebbero mai interrotto l’attività se non fossero state costrette dalla situazione che si era creata perché le rette dei bambini non potevano più coprire i costi. E quando la prefettura ha cercato spazi per l’accoglienza dei richiedenti asilo, hanno solo detto che lì c’era un edificio vuoto. Punto. Il resto sono favole scritte a Babbo Natale per spostare il problema. E il problema è la paura di accogliere questi ragazzi».

Insomma, le tempistiche fanno comprendere che i bambini non sono stati “sfrattati” per i migranti, ma per problemi economici.

Che i genitori abbiamo la necessità di un asilo non è in discussione visto che ci sono le richieste e già da oltre un anno hanno dovuto trovare alternative.

L’asilo era stato già oggetto a settembre di atti vandalici per via di questa storia, anche con scritte “Per la patria no negri no rossi“. Danneggiare la struttura è già di fatto un’azione da imbecilli e non migliora affatto la situazione.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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