Boicotta Israele: codici a barre 729, bella bufala

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Faccio la solita premessa: con questo articolo non mi interessa essere a favore di una parte o dell’altra del conflitto, voglio solo farvi ragionare su alcune questioni.

Circolano da anni immagini e articoli per il boicottaggio dei prodotti israeliani. Ne metto una ad esempio.

Com’è composto il codice a barre?

A parte le barre verticali, sono presenti 7 cifre che formano la “Global Location Number”, che viene assegnato su richiesta nei singoli paesi da un ente autorizzato e ad ogni paese vengono assegnati dei codici identificativi. Questi ultimi riguardano le prime 3 cifre che fanno parte del codice “European Article Number” (EAN). Le successive 4 cifre rappresentano, invece, l’indirizzo del produttore o del fornitore. Quelle che seguono si riferiscono all’articolo in vendita.

Cos’è il codice EAN?

L’European Article Number è un codice che permettere l’identificazione automatica dei prodotti. I primi 3 numeri contengono i codici nazionali, che permettono di identificare a quale organizzazione nazionale GS1 è iscritto il produttore.

La domanda sorge spontanea: il codice nazionale corrisponde al luogo di produzione? La risposta è “No”. Il codice EAN non ha nessuna valenza per ricondurre il luogo di produzione.

Un esempio pratico: un’azienda italiana può chiedere un codice nazionale italiano, ma le merci possono essere prodotte all’estero e/o le materie prime possono provenire da altri Paesi.

Fatta questa introduzione, possiamo facilmente capire che il sistema di boicottaggio creato sul codice nazionale 729 non è fattibile.

L’immagine sopra riporta la scritta “Io boicotto Israele comincia da loro”, seguita dalle marche di prodotti come Coca Cola, Danone, Buitoni, Galbani, Nestle, L’Oreal, Kleenex e Friskies. La prima cosa che farebbe un sostenitore del boicottaggio è proprio evitare queste marche, ma controllerà il codice a barre?

Oggi sono andato al supermercato, e vi assicuro che i dipendenti mi guardavano strano, magari avranno pensato che ero un pazzo. Ho fotografato i codici a barre dei prodotti delle marche sopra citate.

Nel codice a barre della Buitoni leggiamo le prime tre cifre: 800. E’ il codice riferito all’Italia. Segue quello della Nescafe, che ha come codice 871, Paesi Bassi. Entrambi marcati Nestle.

Il codice a barre di questo prodotto Danone riporta le prima tre cifre italiane 800.

Stesso discorso per la Galbani: codice nazionale 800, Italia.

Il cibo per gatti Frieskies riporta il codice nazionale 301 che si riferisce alla Francia.

I due prodotti della Kleenex presi in esame riportano le prime tre cifre 502 che si riferisce alla Gran Bretagna.

I due prodotti L’Oreal riportano il codice nazionale 800, Italia.

Ho fatto la foto anche alla Pepsi, anche se non era presente nella lista. Una sorta di “prova”. Codice nazionale? Il 406 che si riferisce alla Germania. Da qui passo alla Coca Cola.

La Coca Cola e il codice a barre hanno una storia molto lunga. Nel 1999 nello stabilimento di Anversa, Belgio, avevano prodotto alcune bevande che davano problemi di intossicazione. In seguito a questo fatto, una donna di Ancona lanciò l’allarme in un supermercato perché il codice nazionale riportato nelle confezioni delle bevande: il 544, che si riferisce al Belgio. Dopo il controllo del Nas, i carabinieri del gruppo antisofisticazione hanno verificato che lo stabilimento che ha prodotto la bevanda era in Italia. La cosa buffa è che era pure scritto vicino alla linguetta di apertura delle lattine, non serviva fare tanto scandalo per niente.

Le due confezioni sopra riportate nelle foto hanno due codici diversi, uno il 500 che si riferisce alla Gran Bretagna, l’altro il 544 che si riferisce al Belgio.

Nessuno di questi prodotti aveva il codice 729, ho controllato anche quelli vicini, altri prodotti internazionali (come ho fatto con la Pepsi), ma niente 729.

Già dal fatto che il codice internazionale non ha alcuna valenza per ricondurre il luogo di produzione, è inutile controllare che il codice sia il 729. Inoltre, anche se avesse il 729, il produttore effettivo potrebbe anche essere belga o russo. Scrivere “made in Israel” è fuori luogo.

Molti dei prodotti sopra riportati sono prodotti in Italia. Attualmente è difficile che molti italiani boicottino tutti i prodotti Nestle o Coca Cola perché riportati in certe immagini contro Israele, ma non viene considerata l’altra faccia della medaglia. Se il boicottaggio fosse effettivo e pesante in Italia, a perdere sarebbero gli israeliani o il padre di famiglia che cerca di portare avanti la baracca lavorando onestamente come operaio nello stabilimento della Coca Cola italiano e che si potrebbe ritrovare per strada per una causa che non lo riguarda?

Boicottare Israele è una scelta personale, ma ogni scelta porta a delle conseguenze. Siete liberi di fare quello che ritenere più opportuno, ma vi chiedo cortesemente di informarvi meglio e di non abboccare facilmente a certi siti e certe immagini diffuse su Facebook. Ripeto: ragionate sulle conseguenze, che a volte non sono quelle desiderate.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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