Bufale: perché sono pericolose

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Sono anni che sentiamo parlare di “disinformazione“, ossia l’arte di diffondere, a proprio vantaggio, informazioni false, non oggettive, fuorvianti, che alterano la realtà dei fatti al fine di creare un opinione su persone, situazioni o argomenti.

Queste informazioni, false o corrotte, vengono diffuse attraverso i vari canali come TV, quotidiani, riviste, libri e, soprattutto negli ultimi anni, su Internet. Precedentemente chiamate “leggende metropolitane“, oggi vengono chiamate comunemente “bufale“, che diffuse sui social media vengono chiamate “social-bufale“.

Le bufale sono false informazioni, ma a che pro? I casi sono molteplici, ma ne riporto giusto qualche esempio:

  • deviare l’attenzione della gente da problemi reali
  • generare odio
  • dirottare il credo
  • influenzare il voto
  • monetizzare

L’ultimo caso riguarda quello dei siti internet  che si appoggiano ai vari social media, che hanno come unico scopo aumentare le proprie visite e monetizzare attraverso la pubblicità, sfruttando la sensibilità della gente.

A volte la causa può essere la semplice ignoranza: una persona, probabilmente poco informata o pigra nel cercare informazioni utili, potrebbe creare una bufala senza cattive intenzioni.

Purtroppo una percentuale rilevante degli utenti è vittima delle bufale. Potrei dire che sono persone credulone, ignoranti, o semplicemente persone pigre che non perdono tempo a verificare una notizia, e vi assicuro che a volte ci vuole davvero tanto tempo e fatica per scoprire la verità. Ci cascano tutti, dalle persone “comuni” alle persone “importanti”. A volte sono proprio questi ultimi (es. artisti, politici) ad alimentare le bufale e a darne maggiore credibilità. La classica “voce dall’alto“.

Devo precisare che Internet è solo uno strumento, che bisogna imparare ad usare e che non deve essere demonizzarlo. Ricordo che le leggende metropolitane esistevano già prima dell’avvento di Facebook o Youtube (giusto per citare due esempi). Nella storia dell’umanità sono sempre esistiti i ciarlatani e coloro che gli credono.

Come si crede ad una social-bufala

Ecco alcuni elementi che persuadono le persone a credere in una bufala:

  1. La classica “voce dall’alto“. A volte basta un qualsiasi sito internet, a volte neanche ben curato graficamente. Ci cascano tutti, dalle persone “comuni” alle persone “importanti”. A volte sono proprio queste ultime (es. artisti, politici, giornalisti, professionisti) ad alimentare le bufale e a darne maggiore credibilità.
  2. Il numero di “seguaci“. Una bufala può diventare credibile se condivisa da un numero elevato di persone, soprattutto se queste sono vostre conoscenze (amici, parenti, colleghi fidati).
  3. La “sensibilità“. E’ quella più tristemente usata dai ciarlatani, dove a volte basta un’immagine specifica utile a scatenare nelle persone un’irrazionale propensione a condividere e sostenere una bufala, senza pensarci due volte.

Quali sono le conseguenze di una bufala?

Le bufale colpiscono soprattutto le persone sensibili, che trasportate dalla paura, e quindi dalle loro emozioni, esprimono in maniera a volte esagerata pregiudizi e odi verso qualcosa o qualcuno.

Ecco le conseguenze:

  1. aumento del disprezzo e odio verso qualcosa o qualcuno (persone, aziende, gruppi, nazioni, razze, politici) i quali diventano un “nemico comune” da contrastare;
  2. incremento dell’allarmismo;
  3. devianza rispetto alla vita politica e sociale;
  4. incremento dell’estremismo (con la conseguente nascita di gruppi simili a sette religiose);
  5. malattie fisiche (es. una cattiva alimentazione figlia di una bufala medica) e mentali (es. forti stati di paranoia, psicosi);
  6. perdite di denaro (es. acquisti o donazioni a favore dei ciarlatani);
  7. annebbiamenti della ragione, dovuti ad una credenza cieca verso i ciarlatani,
  8. una graduale diffusione dell’ignoranza e conseguente mancanza di credibilità;
  9. forte auto convincimento (es. se le bufale vengono smascherate, si cerca di trovare nuove prove, anche se traballanti o fantasiose, per confermare il proprio credo);
  10. violenze e omicidi;

Tutte queste conseguenze portano ad una graduale mancanza di fiducia verso le persone, il mondo scientifico e gli esperti. Non è un caso che coloro che smascherano una bufala vengono etichettati come “cospiratori” e “nemici” da combattere. E’ l’apoteosi del complottismo.

La deriva del “complottismo” è molto pericolosa, si finisce per ignorare categoricamente le spiegazioni che vengono fornite da chi smonta le loro credenze. Gli “sbufalatori” finiscono poi per essere attaccati da chi crede in una bufala, forse perché disturbati da chi tenta di distruggere la propria fede, e finiscono per essere etichettati come bugiardi, come quelli che disinformano e/o come quelli che stanno dalla parte del “nemico”.

Un altro caso che tengo a citare è quello di coloro che contestano gli “sbufalatori”, etichettandoli a loro volta come “creduloni” perché smontano le notizie pubblicate da siti web ritenuti (o dichiarati) “satirici” (o presunti tali) o “di bassa lega”. Il lavoro degli “sbufalatori” è quello di fornire un’informazione più corretta possibile a coloro che credono a certe notizie, e non a chi è consapevole che certe notizie sono false o corrotte. Bisogna aiutare queste persone, altrimenti si diventa complici della disinformazione.

Vi assicuro, inoltre, che la cosa più difficile per uno “sbufalatore” è quello di ammettere che certe credenze che aveva erano errate.

Le bufale fanno male, alla società ma soprattutto alla salute.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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