Canone Rai anche a chi ha solo un computer?

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L’articolo in questione riguarda il pagamento del canone Rai anche se si possiede un computer.

L’articolo, pubblicato da Il Giornale, inizia così:

L’importo è proprio speciale: 407,35 euro. La Rai sta spedendo le lettere per chiedere quella cifra, il cosiddetto «canone speciale», a proprietari di bar, ristoranti, alberghi, negozi, insomma chi ha un locale pubblico e – presume la Rai – anche un televisore al suo interno. Ma non solo loro dovranno vedersela con l’ufficio abbonamenti di Viale Mazzini. Le cartelline stanno arrivando persino alle partite Iva, lavoratori autonomi che hanno la propria sede a casa propria.

Partiamo, quindi, da un presupposto: il canone speciale esiste, e deve essere pagato da coloro che possiedono uno o più apparecchi alla ricezione delle trasmissioni radio televisive in esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell’ambito familiare, o che li impiegano a scopo di lucro diretto o indiretto. Quindi niente allarmismo, se non rientrate in queste categorie (Partite Iva, SRL, SNC o comunque legate ad attività commerciali) non vi arriverà nessun bollettino. Resta il fatto che bisogna fare chiarezza su altri punti.

Il primo esempio riportato dal giornalista Paolo Bracalini riguarda Alessandro Ciuti, una Partita Iva, il quale si è trovato “una comunicazione alquanto molesta e sospetta da parte della Rai” (così mi ha risposto via Twitter). Alessandro avrebbe sede legale presso la sua abitazione, dove non riceve mai i clienti, ci vive soltanto ed è dubbioso che gli vogliano far pagare il canone speciale solo per il fatto di possedere un computer portatile.

Questa storia non mi è nuova. Già nel 2012 vennero inviate comunicazioni da parte della Rai ad imprese, società ed enti per il pagamento del canone speciale. Ci fu una precisazione dalla stessa Rai tramite un comunicato pubblicato il 21 febbraio 2012:

La lettera inviata dalla Direzione Abbonamenti Rai si riferisce esclusivamente al canone speciale dovuto da imprese, società ed enti nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori (digital signage) fermo restando che il canone speciale non va corrisposto nel caso in cui tali imprese, società ed enti abbiamo già provveduto al pagamento per il possesso di uno o più’ televisori. Cio’ quindi limita il campo di applicazione del tributo ad una utilizzazione molto specifica del computer rispetto a quanto previsto in altri Paesi europei per i loro broadcaster (BBC…) che nella richiesta del canone hanno inserito tra gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione radiotelevisiva, oltre alla televisione, il possesso dei computer collegati alla Rete, i tablet e gli smartphone.

Successivamente, il 12 luglio 2012, ci furono le precisazioni dell’allora sottosegretario allo sviluppo economicoMassimo Vari, il quale affermava che:

La normativa in esame porta a riferire il pagamento del canone solo al servizio di radiodiffusione. Pertanto, non è possibile includere altre forme di distribuzione del segnale audio video (per esempio Web Radio, Web Tv) che sono basate, come dicono i tecnici, su portanti fisici diversi. In linea generale sono, quindi, esclusi i personal computer, fissi o portatili, i tablet (come gli iPad) e gli smartphone, cioè gli strumenti suscettibili, di per sé, di connessione alla rete internet. È però necessario, per essere più chiari, qualche ulteriore specificazione tecnica. In altre parole, dobbiamo circoscrivere il campo degli apparecchi soggetti al pagamento del canone a quelli utili alla ricezione di segnali televisivi su piattaforma terrestre e piattaforme satellitare. Tali apparecchi sono quelli caratterizzati da un sintonizzatore, che ha la funzione essenziale di prelevare il segnale di antenna nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione e la capacità autonoma di erogare il servizio di radiodiffusione (o come veniva chiamato nel regio-decreto di radioaudizione).

In poche parole non si deve pagare alcun canone Rai per il semplice fatto di possedere un PC, un tablet o uno smartphone a meno che esso non sia dotato di un sintonizzatore radio/TV (che sia una chiavetta USB o una scheda computer).

L’articolo de Il Giornale conclude così:

Basta dunque avere un ufficio, anche a casa propria, per dover pagare 407 euro alla Rai? Chiediamo delucidazioni alla Rai che ci conferma di aver spedito le lettere («a tipologie di attività come: attività manifatturiere, di noleggio, artigianali, informatiche, alimentari, aziende di servizi, agenti di commercio e altre») ma solo «a scopo informativo». Poi spiegano: «Il presupposto impositivo sorge a fronte della detenzione fuori dell’ambito familiare di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di programmi televisivi. Non sono in questione dunque soltanto gli esercizi pubblici o le strutture ricettive, ma tutti i casi in cui la detenzione dell’apparecchio si realizza fuori dell’ambito familiare in senso stretto». Dunque chi ha un’attività lavorativa e un apparecchio «fuori dall’ambito familiare» si prepari al canone speciale.

Non serviva contattare la Rai, bastava andare nel sito dedicato agli abbonamenti Rai e leggere (non è difficile, se si vuole sapere qualcosa si cerca di andare direttamente alla fonte). Alla voce “per quali apparecchiature si deve pagare il canone” leggiamo:

Con nota del 22 febbraio 2012 il Ministero dello Sviluppo Economico-Dipartimento per le Comunicazioni ha precisato cosa debba intendersi per “apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni” ai fini dell’insorgere dell’obbligo di pagare il canone radiotelevisivo ai sensi della normativa vigente (RDL 246/1938). In sintesi, debbono ritenersi assoggettabili a canone tutte le apparecchiature munite di sintonizzatore per la ricezione del segnale (terrestre o satellitare) di radiodiffusione dall’antenna radiotelevisiva. Ne consegue ad esempio che di per sé i personal computer, anche collegati in rete (digital signage o simili), se consentono l’ascolto e/o la visione dei programmi radiotelevisivi via Internet e non attraverso la ricezione del segnale terrestre o satellitare, non sono assoggettabili a canone. Per contro, un apparecchio originariamente munito di sintonizzatore -come tipicamente un televisore- rimane soggetto a canone anche se successivamente privato del sintonizzatore stesso (ad esempio perché lo si intende utilizzare solo per la visione di DVD).

Sono assoggettabili (ossia tassabili) tutte le apparecchiature munite di sintonizzatore. Se non avete un sintonizzatore (chiavetta USB o scheda computer), che vi permetta di ricevere il segnale Radio/TV, potete stare sereni!

Da ciò si deduce che la fine dell’articolo di Paolo Bracalini potrebbe essere considerato ingannevole, siccome ampierebbe lo spettro del canone speciale Rai a chiunque possegga un apparecchio al di fuori dell’ambito familiare.

Per maggiori info, ecco la tabella degli strumenti tassabili e non.

Il sito Today.it aggiunge ulteriore peso alla notizia, con un titolo ingannevole e un aggiunta all’articolo de Il Giornale che aumenta ulteriormente l’allarmismo e la disinformazione tra gli utenti:

Secondo quanto si legge nell’articolo de Il Giornale, il servizio pubblico vuole fare cassa su chi guarda la Rai online.

Tale affermazione è falsa! Ripetiamo ancora una volta per gli utonti: ci vuole un sintonizzatore.

O Alessandro Ciuti ha acquistato una qualche forma di sintonizzatore, o la Rai avrebbe inviato a pioggia queste comunicazioni “sospette” alle Partite Iva con il tentativo di farsi pagare irregolarmente (qualche “pollo” ci casca sempre). Se consideriamo che in Italia sono presenti qualche milione di Partite Iva aperte, quanto avrà speso la Rai per spedire queste comunicazioni? Quanti avranno pagato senza aver letto le informative che la Rai stessa pubblica?

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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