Una scena muta all’esame orale della maturità non per paura, ma per scelta. È accaduto in più casi, con studenti che si presentano davanti alla commissione e rifiutano di rispondere, in segno di protesta contro il sistema scolastico. Una scelta del tutto legittima, sia chiaro, ma vi dirò qualcosa che potrebbe risultare sconveniente e impopolare: non la ritengo per niente una scelta matura.
Il meccanismo di valutazione degli studenti «non rispecchia la reale capacità dei ragazzi, figuriamoci la loro maturità», ha spiegato uno degli studenti, denunciando la competizione in classe, dove per un voto si arriva perfino a essere “cattivi”. Il sistema dei voti è imperfetto, lo sappiamo tutti. È possibile che un docente possa diventare ostile, per motivi personali o per divergenze di carattere, come è successo anche a me. Tuttavia, c’è molto da dire.
La maturità non è solo un voto
Uno degli insegnanti mi rovinò la media voti. Il motivo? Gli avevo corretto un errore alla lavagna a tal punto che il suo ego non lo digerì. Era una materia che amavo, ma mi dovetti auto-costringere ad accettare il “minimo sindacale“. Nonostante ciò, ho continuato a studiare, a impegnarmi, anche senza il riconoscimento dovuto. Mi è servito, anni dopo, con un altro docente che trattava la stessa disciplina, il quale riconobbe il mio valore stupendosi dei risultati registarti in passato nel libretto.
Un altro docente, invece, mi “trattò male” per un altro motivo. Non per cattiveria, non per una questione di ego, ma per farmi crescere. Oggi sembra una cosa difficile da capire, ma aveva e ha ancora un senso. Rimasi sorpreso quando, all’esame di maturità, mi diede un voto eccezionale rispetto alla media passata. Concluso l’esame, una volta diplomato, il prof ammise candidamente che mi ero meritato quel voto e che mi “trattò male” per prepararmi a ciò che avrei dovuto affrontare in futuro fuori dalla scuola «perché là fuori troverai tante teste di ca**o».
Non è il sistema a definire chi sei
A distanza di anni, ritengo che l’esame di maturità non sia un quiz perfetto, ma un passaggio simbolico in cui lo studente dimostra non solo cosa sa, ma come affronta le difficoltà. Sia chiaro, ero ormai certo di aver superato il punteggio necessario, ma preparai l’orale con passione avendo lavorato tanto sulla tesina. Non una qualunque: avevo realizzato un CD con un programma multimediale e interattivo sull’argomento che avevo scelto. Lo feci soprattutto per me, per dimostrare le mie capacità, non per il voto finale. Sono uscito da quell’aula e dalle scuole superiori con la soddisfazione di non aver lasciato nulla in sospeso.
Dalla scuola alla vita vera
Ciò che ho appreso durante gli anni della scuola superiore mi ha aiutato subito dopo. Nei primi anni dell’università trovai lavoro e dovetti trasferirmi, affrontando un ambiente duro e ostile, con enormi responsabilità. Mi è capitato di sbagliare, certo, e ho avuto paura che gli errori mi costassero il rinnovo del contratto. Mi sono impegnato, ho imparato dai miei errori e alla fine ho ottenuto un contratto a tempo indeterminato.
Nonostante avessi trovato un lavoro stabile proprio nell’ambito dei miei studi, decisi comunque di proseguire con il mio percorso universitario nonostante mille difficoltà. Vivevo lontano, lavoravo a tempo pieno, riuscivo a dare esami solo quando potevo accettando il voto che arrivava (non potevo, soprattutto economicamente, permettermi di rifiutare).
Ricordo perfettamente la presentazione della tesi. Una docente della commissione mi contestò un’affermazione, io le risposi argomentando con dati alla mano. Alla fine dell’esame, fu proprio lei a cercarmi per chiedermi maggiori informazioni su ciò che avevo detto. Certo, devo dire che quella docente “è una grande“. Quel momento lo ricordo con affetto ancora oggi, perché è stato il frutto di anni di ostacoli, di errori, di impegno continuo e di una maturità che non ha bisogno di voti per essere misurata.
Questa protesta è un’occasione mancata
Posso comprendere la rabbia degli studenti e comprendo la paura di sbagliare davanti agli altri, ma durante il periodo scolastico bisogna soprattutto imparare ad affrontare queste paure perché là fuori, nel mondo reale e non protetto, non basterà stare zitti per ottenere qualcosa. Restare in silenzio davanti alla commissione non è un atto di forza, ma un’occasione mancata.