Gli account “fake” esistono, così come esistono i “bot” e i “fake bot“. Vanno distinti, provo a spiegarli in maniera molto semplice e sintetica:
- il “fake” può essere un account gestito da una persona sotto falsa identità o usato per “far numero“;
- il “bot” è account automatico che può essere usato per fornire dei servizi, come ad esempio le news di un sito;
- il “fake bot” è un account automatico che però finge di essere qualcuno di reale.
Grande è il desiderio di molti nello scovare questo genere di account con l’obiettivo di accusare qualcuno di farne uso a proprio favore in forma truffaldina (per “pomparsi“), il problema è che lo fanno in maniera molto superficiale e maldestra. Alcuni utilizzano tool online che fornirebbero un servizio di tracciamento per “dimostrare” la loro esistenza, come TwitterCounter, Bot or Not, Botometer, Fake Follower Check e il noto, nonché abusato, Twitter Audit. Di quest’ultimo ne avevo parlato in un articolo del 2016:
Il metodo di ricerca è ben chiaro. Il sistema preleva un campione di 5000 follower dell’account e li analizza. […] Di questi follower il sistema analizza il numero e le date degli ultimi interventi, quindi se un utente non risulta attivo da molto tempo potrebbe facilmente essere identificato come fake.
Il problema di certi tool è proprio l’incapacità di verificare se effettivamente dietro un account si celi realmente una persona reale oppure no, tenendo in considerazione l’inattività si rischia di etichettare come “fake” un utente che non usa da tempo Twitter o lo usa soltanto per seguire personaggi famosi, testate giornalistiche o aziende di un determinato settore di proprio interesse. Pensate soltanto che durante l’iscrizione viene richiesto di seguire alcuni account proposti dalla piattaforma, nel caso l’utente non si trovasse bene al suo interno lascerebbe il suo account rendendolo inattivo ma lasciando il follow. Aggiungo, quindi, due tipi di account considerabili “fake” da alcuni tool:
- gli “inattivi“, privi di aggiornamenti o informazioni (“vuoti“);
- i “non attivi“, quelli che non intervengono per un periodo che va da uno a due mesi e oltre (esistono anche persone particolarmente riservate, non siamo tutti “espansivi“).
Considerando ciò, nel mio articolo del 2016 avevo posto una domanda: cosa dovremmo pensare dei seguenti account Twitter?
Proviamo a vedere altri risultati attualmente forniti da questo tool:
Ora che avete visto questi dati potreste esservi fatti un’idea su chi gestisce quei profili, qualcuno potrebbe persino sostenere che Beppe Grillo ha più “fake” (45%) rispetto a quelli di Matteo Renzi (41%), ma bisogna ricordare che Twitter Audit prende in esame solo 5000 account scelti in maniera casuale (a meno che non paghiate):
Each audit takes a sample of up to 5000 (or more, if you subscribe to Pro) Twitter followers for a user and calculates a score for each follower.
Un modo per riscontrare facilmente una possibile attività truffaldina? Un aumento improvviso di followers (in particolare stranieri). Un fatto grave è che sia Twitter che Facebook non possono garantire un’adeguata tutela da eventuali malintenzionati che acquistano followers “fake” per assegnarli a coloro che non li hanno richiesti. Non c’è bisogno di essere proprietari di un account per “pomparlo” in maniera truffaldina.
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