Inizio questo 2017 per parlarvi della classifica sulla “libertà di stampa” di Reporters Sans Frontières (RSF – Reporters Without Borders), spesso usata ignorandone il reale contenuto.
Quante volte l’avete sentita nominare per parlare di pessimo giornalismo? Basta poco per dimostrare che il motivo per la quale la classifica viene citata in quel modo è del tutto sbagliato. Ecco la metodologia usata da RSF:
HOW THE INDEX IS COMPILED
The degree of freedom available to journalists in 180 countries is determined by pooling the responses of experts to a questionnaire devised by RSF. This qualitative analysis is combined with quantitative data on abuses and acts of violence against journalists during the period evaluated. The criteria evaluated in the questionnaire are pluralism, media independence, media environment and self-censorship, legislative framework, transparency, and the quality of the infrastructure that supports the production of news and information.
THE QUESTIONNAIRE
To compile the Index, RSF has developed an online questionnaire with 87 questions focused on these criteria. Translated into 20 languages including English, Arabic, Chinese, Russian, Indonesian and Korean, the questionnaire is targeted at the media professionals, lawyers and sociologists who are asked to complete it. Scores are calculated on the basis of the responses of the experts selected by RSF combined with the data on abuses and violence against journalists during the period evaluated.
In pratica, RSF pone un questionario composto da 87 domande a giornalisti selezionati di ogni paese elencato su tematiche che non riguardano solo la trasparenza e il pluralismo, ma anche elementi oggettivi e quantitativi come gli abusi connessi al loro lavoro (denunce, minacce, arresti e omicidi). Non vengono forniti i nomi dei giornalisti, ma potete ben immaginare il perché: pensate a cosa potrebbe succederebbe a quelli russi o cinesi.
Nel caso specifico italiano leggiamo:
In May 2015, the daily La Repubblica reported that between 30 and 50 journalists were under police protection because they had been threatened. The level of violence against reporters (including verbal and physical intimidation and death threats) is alarming. Journalists investigating corruption and organized crime are the ones who are targeted most. In the Vatican City, it is the judicial system that is harassing the media in connection with the Vatileaks and Vatileaks 2 scandals. Two journalists are facing up to eight years in prison as a result of writing books about corruption and intrigue within the Holy See.
Interessante l’analisi pubblicata da Articolo21 il 20 aprile 2016:
Scesi ancora di quattro posti, fino al 77.esimo. Nella graduatoria che ogni anno compila “Reportes sans frontierés” sulla libertà di stampa incidono sicuramente due aspetti che hanno fatto retrocedere l’Italia. Intanto l’atteggiamento del Vaticano sul cosiddetto Vatileaks, cioè il processo a Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi che rischiano fino a otto anni di carcere per aver svolto inchieste su scandali e intrighi all’interno della Santa Sede. E poi le minacce e le intimidazioni a tanti cronisti impegnati sul fronte della mafia. Non meno di quattordici (ma secondo un rapporto dell’Ordine dei Giornalisti fra i 30 e i 50) vivono sotto scorta. Gli attacchi sono stati molto più numerosi: addirittura 132 soltanto nei primi quattro mesi del 2016 (quasi tremila negli ultimi dieci anni), per non parlare delle “querele temerarie”, specie alle piccole testate, che di fatto limitano di molto la possibilità di fare inchieste importanti.
C’è da dire tuttavia che “in tutto il mondo la libertà di stampa è in consistente e preoccupante declino”, come ha ammesso Reporter senza frontiere. “Ovunque – sottolinea Rsf – i leader politici sono “paranoici” nei confronti dei giornalisti e la sopravvivenza di un’informazione indipendente sta diventando sempre più precaria, sia nei media privati o controllati dagli Stati, a causa delle ideologie, soprattutto religiose, ostili alla libertà di stampa”. Una minaccia consistente al giornalismo indipendente è rappresentata inoltre anche da “strumenti di propaganda su larga scala”.
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