Il clickbait vergognoso di Leggo sulla morte di Tiziana Cantone e il cyberbullismo

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Tiziana Cantone, diventata famosa per un video hard diffuso online con eccessiva libertà rovinandole la vita, si è uccisa, impiccata con un foulard. Ha cercato di farsi valere attraverso le vie giudiziarie, ma evidentemente non è bastato:

Non più tardi di qualche giorno fa il suo nome è tornato agli onori della cronaca, stavolta per una sentenza che avrebbe potuto garantirle, finalmente, il diritto all’oblio. L’avvocato della ragazza Roberta Foglia Manzillo aveva infatti citato in giudizio Facebook Ireland, Yahoo Italia, Google e Youtube e le persone coinvolte nella diffusione dei video, ottenendo un provvedimento d’urgenza atto a rimuovere dal web qualsiasi pagina che facesse riferimento a Tiziana e a quelle immagini. Frame che avevano attirato su di lei non solo la curiosità pruriginosa dei suoi compaesani — era originaria di Casalnuovo di Napoli — ma anche una buona dose di offese e insulti.

Leggo e il clickbait della vergogna

Il 13 settembre 2016, di fronte a questa notizia, il sito Leggo.it, attraverso la propria pagina Facebook ufficiale, pubblica il seguente post con la condivisione di un’immagine che riporta vari fotogrammi del video hard che ha rovinato la vita a Tiziana Cantone:

Il post, come avrete notato dal link sopra riportato, è stato rimosso dalla pagina (era veramente di troppo) e sostituito con un altro poco dopo con la foto usata anche dalle altre testate e siti online per parlare della sua tragica morte. Tuttavia, per il post cancellato, ci viene in aiuto la Cache di Google e Archive.is (per vederlo dovete scrollare verso il basso durante la navigazione).

Il post nuovo
Il post nuovo

Paola, molto attenta a ciò che era accadeva in pagina, ha ben pensato di pubblicare uno screen con i commenti degli utenti al post successivamente cancellato:

paola-commenti-salvati

Utente: “complimenti a chi si è occupato della selezione delle immagini. complimenti vivissimi”

Utente 2: “Potete evitare certe foto almeno…Boh”

Utente 3: “Solo Leggo poteva fare questa cagattaaa… da mò che vi volevo bloccare… ora lo farò proprio!!”

Utente 4: “Rispetto zero…. È veramente irrispettoso ricordarla con queste foto 🙁 l’informazione può essere fatta anche in un altro modo… Abbiate rispetto per il dolore altrui… Senza parole…”

Resta il fatto che all’interno dell’articolo di Leggo sono tutt’ora presenti altre immagini relative al video hard:

Criticata dopo la morte e il “se l’è cercata”

È meglio comprendere alcune cose, tra cui il fatto che una persona potrebbe anche scegliere di farsi riprendere durante un atto sessuale, ma sta poi alla responsabilità della persona che filmava tenere tale filmato in intimità tra le parti se la ragazza non ne aveva autorizzato la diffusione. Ecco quanto riportato da Fanpage:

Classe 1983, diplomata al liceo classico, di buona famiglia, residente in un comune dell’hinterland Nord di Napoli, Tiziana Cantone nell’aprile 2015 «volontariamente e in piena coscienza» (i virgolettati sono presi dagli atti giudiziari che costituiscono la denuncia contro l’illecita diffusione dei video) fu ripresa in 6 video in cui faceva sesso con uomini. In alcuni con un singolo, risultato poi essere un napoletano, in altri con due uomini. I video sono stati inviati a due fratelli residenti in Romagna, a un utente di Facebook di cui è noto soltanto il “nickname” e a un altro uomo. È il 25 aprile 2015 quando su un portale hard viene caricato uno dei video. Passano tre giorni ed ecco gli altri. Il web, letteralmente, impazzisce: i video vengono condivisi via Whatsapp poiché i social network non consentono la pubblicazione di materiale hard ‘in chiaro’. Ma complice un morboso tam tam il nome della donna, la sua storia personale, le sue amicizie, i suoi amori presenti e passati, vengono resi noti alla velocità della luce. Qualche sito internet pubblica anche i particolari più intimi della giovane, rendendola riconoscibilissima ad amici e parenti. In particolare nel mirino finisce la frase pronunciata durante le effusioni “Stai facendo un video? Bravo” che diventa un ‘meme’. Impossibile fermare un processo del genere, con migliaia di immagini prodotte che viaggiano sui social newtork. Per Tiziana Cantone è l’inizio della fine.

Arrivano poi le critiche, le opinioni, sul video, la morte della ragazza e le presunte responsabilità. Come se non bastassero i “se l’è cercata” della ragazzina violentata da 9 persone di cui avevo parlato in un precedente articolo, ecco cosa scrive Riccardo nel nuovo post della pagina di Leggo.it:

riccardo-tiziana-cantone

Se l’è cercata ! Purtroppo non si può farsi registrare dal primo tizio che passa con cui tradisce il fidanzato.

Nel post Facebook di Giornalettismo ecco qualche commento critico:

commenti-giornalettismo

Cristiano: “Penso che la colpa sia solo sua e che voleva provare nel porno ma non ha retto”

Marco: “Ci sono donne che sbocchinano avanti e indietro soprattutto nel cinema proprio per fare successo,questa si suicida..ma….”

E ancora Valerio, criticato a sua volta pesantemente dagli altri utenti:

valerio-commenti-giornalettismo

Ho letto la storia che non conoscevo: Se fai volutamente un video con un altro uomo, per poi mandarlo al tuo ragazzo per ripicca e se poi lui per punire questo gesto infantile ti smerda in rete, la colpa è solo tua.
Sono dispiaciuto? No.
Muore così tanta gente nel mondo per motivi ben più importanti verso i quali non viene prodotto nessun pensiero.

Tanto meno ce ne avrà questa.
P.S. Esistono altri video che ha diffuso LEI stessa sempre per ripicca dove parla e si presenta come una starlet

Il cyberbullismo

Avete presente un bambino viene ripreso in video dai suoi coetanei, magari in una situazione imbarazzante, e poi lo diffondono agli altri coetanei deridendolo? Avete idea di come il bambino, vittima di questo abuso si potrebbe sentire e come potrebbe reagire se non tutelato? Volete dare la colpa a lui se è stato ripreso, volontariamente o meno, in una situazione imbarazzante e non ne ha affatto autorizzato la diffusione?

Riporto da Giornalettismo:

Secondo il giudice Monica Marrazzo, quei video sarebbero dovuti sparire subito. La ragazza però non è riuscita a superare la vergogna, gli insulti, le critiche. Tiziana aveva lasciato Napoli, rifugiandosi in Toscana. Aveva già provato una volta – secondo quanto riporta il Corriere – a farla finita. Nel dramma la ragazza era riuscita ad avere l’ok per l’avvio dell’iter per il cambio del nome. Una soluzione che purtroppo non l’ha salvata.

Insulti, critiche, una vita rovinata dalla diffusione del video da parte di persone che pensavano di potersi liberamente divertire sulla sua persona, una situazione vergognosa che l’ha portata a trasferirsi in un’altra regione e chiedere il cambio del nome.

Di cyberbullismo ne avevo parlato in un articolo precedente, criticando le posizioni a sfavore del disegno di legge che andrebbe a contrastare questo fenomeno. Il disegno di legge (che ricordo essere tutt’ora carta straccia) prevede la tutela dei minori, ma alcuni emendamenti vorrebbero estendere le tutele anche agli adulti vittime di questo bullismo digitale. Ecco la critica contro queste proposte di modifica:

La norma che dovrebbe occuparsi di cyberbullismo, quindi teoricamente di tutela del minore, transitando alla Camera, con i relatori Dem Micaela Campana e Paolo Beni è divenuta, con i profondi ritocchi dei relatori e della Commissione riunite Giustizia e Affari sociali, una vera e propria norma ammazza web, che riguarda anche e soprattutto ogni maggiorenne che si affaccia alla rete internet.

E sì, perché diversamente dalla disposizione originaria approvata anche dal Senato, che era incentrata principalmente sulla tutela del minore, il testo uscito il 27 luglio, è stato completamente stravolto, divenendo una norma repressiva sul web a tutti gli effetti.

[…]

Nel testo e nelle altre disposizioni scompaiono i riferimenti ai minori al fine di delimitare l’ambito di applicazione della norma. In base a questa questa,qualsiasi attività, anche isolata (e quindi effettuata anche una sola volta),compiuta dai cittadini anche maggiorenni sul web conferisce la possibilità a chiunque (altra innovazione portata dalla Camera) di ordinare la cancellazione di contenuti, salva la possibilità che questa attività venga ordinata dal garante privacy.

E chi non si adegua? Rimozione e oscuramento dei contenuti e sanzione sino a 6 anni di carcere.

Di fronte al caso di Tiziana Cantone, una legge così “repressiva” sarebbe stata di fatto ottima per aiutarla. I critici parlano di “legge ammazza web” senza considerare la tutela di tutte le persone vulnerabili, che non sono soltanto minorenni, come richiesto nell’emendamento 1.3:

Ai fini della presente legge, con il termine «bullismo» si intende l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime percepite come più vulnerabili, anche al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, timore, o di isolamento ed emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio e all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, la lingua, la religione, l’orientamento sessuale, l’opinione politica, l’aspetto fisico, le condizioni personali e sociali della vittima.

Riprendo l’elenco pubblicato da un avvocato (citato nel mio precedente articolo) in merito ai reati riconducibili al bullismo:

Il bullismo fa attualmente riferimento a una serie di condotte in gran parte riconducibili a fattispecie di reato punite dal codice penale o da leggi speciali. Senza pretesa di esaustività si tratta prevalentemente delle seguenti:
– violenza privata (art. 610 c.p.),
– percosse (art. 581 c.p.)
– lesioni (artt. 582 c.p.),
molestie (art. 660 c.p.)
– minaccia (art. 612 c.p.),
stalking (art. 612-bis c.p.),
– furto (art. 624 c.p.),
– estorsione (art. 629 c.p.),
– danneggiamento di cose altrui (art. 635 c.p.)
ingiuria (art. 594 c.p.),
diffamazione (art. 595 c.p.),
– sostituzione di persona (art. 494 c.p.)
– furto d’identità digitale (art. 640-ter c.p.),
– trattamento illecito di dati (art. 167, D.Lgs. 196/2003, Codice della privacy).

Attualmente pendono in Parlamento diversi disegni di legge che intendono regolamentare il fenomeno.

Lo dico chiaro e tondo: se una legge come quella presentata, con l’approvazione degli emendamenti tanto criticati, la reputo ottima. Ribadisco quanto scritto in precedenza:

Molte persone online (e parlo di adulti) si lasciano andare, anche troppo, e spesso nella convinzione che Internet sia un luogo ove la legge italiana non opera. Sarebbe ora di porre un freno, portare all’attenzione il fenomeno e puntare sull’educazione, con questa o un’altra legge staremo a vedere, ma restringere il campo solo ai minori lo ritengo sbagliato.

Di fronte a quanto è accaduto, molte persone che avevano condiviso o visto il video, per poi scherzarci sopra con leggerezza, dovrebbero pensare un attimo e comprendere la gravità della situazione.

AGGIORNAMENTO 18:01

La Stampa, in un articolo del 14 settembre, riporta altri elementi riguardanti la questione giudiziaria della ragazza:

L’inchiesta sulla morte della 31enne è in una fase embrionale ma non sarà lunga. Nelle mani della Procura di Napoli Nord e del coordinatore dei pm Francesco Greco ci saranno presto nuovi elementi. Tiziana Cantone era finita nel tritacarne del web dopo che un ragazzo aveva filmato un suo rapporto sessuale. La vicenda sarebbe iniziata come un gioco: lei stessa avrebbe inviato per gioco quelle immagini a un ristretto numero di amici, uno dei quali l’avrebbe tradita trasmettendo il video a qualcun altro. E così via, in una catena di inarrestabile diffusione. Le immagini erano finite praticamente ovunque, siti porno compresi, dando vita sul web a una catena di insulti e dileggi. Milioni e milioni di visualizzazioni che hanno reso la vita di Tiziana un inferno.

[…]

Cinque giorni fa il giudice del Tribunale di Napoli Nord aveva imposto ai social che continuavano a trasmettere il video di eliminarlo dalla rete per il cosiddetto diritto all’oblio. Ma ci sarebbe stato un ulteriore contatto, forse proprio due giorni fa, sempre via internet, con qualche uomo che avrebbe infierito.

Da un lato dunque il giudice le aveva dato ragione obbligando alcuni social, come Facebook, a rimuovere video, commenti, apprezzamenti e al pagamento delle spese per una cifra pari a 320 euro. Dall’altro lato, però, la donna di 31anni che si è suicidata dopo che I video hard che la ritraevano erano finiti a suo insaputa nel web, era stata a sua volta condannata a rimborsare le spese legali a cinque siti per, complessivamente, circa 20mila euro. Si legge questo nella decisione del giudice sul provvedimento di urgenza chiesto dalla 31enne per la rimozione dai siti web dei video hard.

La decisione è stata depositata lo scorso 8 agosto. Il giudice Monica Marrazzo aveva accolto parzialmente le richieste stabilendo che per alcuni motori di ricerca e altri siti, che avevano già provveduto alla rimozione delle immagini e dei commenti, l’azione era da respingere. La domanda, invece, era stata accolta nei confronti di Facebook e di altri soggetti ai quali veniva imposta l’immediata rimozione di ogni post o pubblicazione con commenti e apprezzamenti riferiti alla donna.Per quanto riguarda, poi, le spese il giudice aveva condannato Facebook ed altri tre soggetti al pagamento di 320 euro ciascuno per esborsi e 3645 euro per compensi professionali.

La ricorrente era stata condannata al rimborso nei confronti di Citynews, Youtube, Yahoo, Google e Appideas di 3645 euro, per ciascuno, per le spese legali oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15%.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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